"rascel

«Io prendo manciate di parole e le lancio in aria; sembrano coriandoli, ma alla fine vanno a posto come le tessere di un mosaico».
(Renato Rascel)
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lunedì 4 giugno 2012

UN PIATTO POVERISSIMO, VEGETARIANO (e VEGANO?) ma FACILISSIMO: LI CECAMARITI .



Qui ci sono anche  informazioni sul Salento


Per chi non conosce i dialetti italiani, vere lingue ormai dimenticate dai giovani, in questi casi, è necessario un breve cenno linguistico.
Il salentino non è molto difficile se si supera l'impatto con  il ritmo e l'intonazione delle frasi, ma quello lo si apprende vivendo sul posto e qui non è proprio il caso di affrontarlo..
Quindi "li cecamariti".
Cominciamo da "li" che in gran parte dei dialetti italiani è il maschile plurale dell'articolo "il". Segue "cecamariti", che in effetti sono due parole: ceca + mariti. Ceca deriva da cecare o accecare, mariti chiaramente non ha bisogno di traduzione.


Il perchè del nome, è da ricercarsi nell'autoironia e nella giovialità di questa gente.
A questo proposito c'è una storiella divertente, uno scherzo, che spiegherebbe proprio l'origine di questo nome. Una pietanza molto gustosa e poco costosa incantava "accecando" chi la mangiava, in altre parole tanto buona da far dimenticare ogni cosa.
Facile e veloce nella preparazione dava la possibilità alla massaia di impiegare più tempo in divagazioni e trasgressioni, tanto il marito l'avrebbe sempre e comunque lodata per la sua abilità in cucina.
La leggenda vuole che una massaia un po' birichina, usasse spassarsela con l'amante mentre suo marito lavorava in campagna. Un po' il senso di colpa, un po' la mancanza di tempo, l'avevano indotta ad escogitare un espediente che la salvasse dall'inevitabile ira del poveretto. Una pietanza buonissima, velocissima e molto economica certamente l'avrebbe salvata.
Le capitava sempre di cucinare i legumi in abbondanza che le avanzavano; ma un piatto di legumi riscaldati non era certo l'aspettativa di suo marito che si era rotto la schiena con un durissimo lavoro per tutto il giorno. Con un po' di fantasia, riciclò i legumi  usando con estro i soliti ingredienti che aveva in casa:  fu tutto bello e pronto in pochi minuti.
Suo marito sazio e soddisfatto accecato dalla bravura della sua donna non la smetteva di lodarla e farle i complimenti per la sua grande dedizione alla cucina e alla famiglia.

La pietanza in questione, in fondo, è una ripassata, cioè un modo per riciclare gli avanzi di cibi cotti.
Quando cucinate i legumi contate anche di farli avanzare. Se li mettete nel frizer li potrete ripassare a "cecamariti" in un'altra occasione.
Consiglio questa ricetta perchè è molto economica, semplicissima, veloce ed ha solo ingredienti vegetali e dietetici.

LI CECAMARITI


INGREDIENTI

  • 500gr. di legumi secchi 
  • (piselli, ceci, fave etc) già cotti, come ho detto qui
  • 300gr di pane casereccio raffermo, ottimo quello di semola di grano duro,tagliato a tocchetti
  • olio extravergine d'oliva q.b.
  • un po' di cipolla 
  • una padella antiaderente
 Fate friggere  i tocchetti di pane nella padella con poco olio  rimestando continuamente fino a renderli croccanti.
Toglieteli dalla padella che servirà  con dell'altro olio per friggere la cipolla e preparare il condimento.
Quando la cipolla si sarà imbiondita unire, i tocchetti di pane.
Intanto avrete riscaldato i legumi (meglio usare il microonde, se possibile) e messi in una terrina da portare in tavola.
Versare il contenuto della padella sui legumi rimestando il tutto facendolo amalgamare bene.
Portare in tavola e servire subito.
CI SARANNO SICURAMENTE ELOGI A PROFUSIONE ANCHE PER VOI!

Intanto ascoltate questa canzone salentina che sembra in tema con la storiella.
Io l'ho sentita molti anni fa cantata da Albano.
Non vivevo ancora in questa terra e non avevo capito quasi niente, ma a me nessuna l'aveva introdotta  Provateci voi!
Il titolo è " me la scerrai (tr.mi dimenticai) la coppula!




E' una serenata che.un uomo (lu 'Ntoni) fa all'amata (Carmela). E' la richiesta di restituzione, dopo essere stato con le, dii ciò che ha dimenticato (rescurdatu) da lei. Il cappello (la coppula) sul letto (supra lu liettu), le scarpe sotto il letto (sutta lu liettu) il suo cuore (lu core) nel suo petto ( intru allu piettu tou).
Vi do anche il testo così  se volete cimentarvi in questo scioglilingua sarete un po' più avviati alla comprensione di questa lingua. Se avete bisogno di una traduzione posso sempre farla.
Me la scerrai la coppula!
E na comu se gira,comu se balla,comu se mina lu pede alla palla
cusì se fa l'amore,cusì se fa l'amore,
 e na comu se gira,comu se balla,comu se mina lu pede alla palla,
cusì se fa l'amore ci la vagnona vole...
Mi rescurdai la coppula supra lu liettu tou,
carmela azzate e dammela!,carmela azzate e dammela,
mi rescurdai la coppula supra lu liettu tou,
carmela azzate e dammela,ca su lu 'ntoni tou...
E na comu se gira,comu se balla,comu se mina lu pede alla palla,
cusì se fa l'amore ci la vagnona vole..
Mi rescurdai le scarpe,sutta lu liettu tou,
carmela azzate e dammele,carmela azzate e dammele,
mi rescurdai le scarpe sutta lu liettu tou,
carmela azzate e dammele ca su lu 'ntoni tou..
E na comu se gira, comu se balla,comu se mina lu pede alla palla,
cusì se fa l'amore ci la vagnona vole..
Mi rescurdai lu core, intru allu piettu tou,
ci voi cu te mariti mi dai lu core tou...
E na comu se gira,comu se balla,comu se mina lu pede alla palla,
cusì se fa l'amore ci la vagnona vole...

domenica 6 maggio 2012

PIATTI POVERI O VEGETARIANI O, SE VOLETE, ANCHE VEGANI: I "FUSCIUTI" O "SCAPPATI"

SOLO VERDURE E CONDIMENTI.

IL RICORDO DELLA CARNE O DEL PESCE PER I POVERI DI UNA VOLTA, LUSSO CHE SI POTEVANO PERMETTERE SOLO NEI PRANZI DELLE GRANDI FESTE.


E' risaputo che alla base di ogni scelta ci sono sempre motivazioni personali e oggettive molto valide e profonde. Normalmente i fattori determinanti sono  di natura economica, culturale, ambientale, sociale e territoriale. Favoriscono o condizionano notevolmente  le nostre scelte di vita. Nell'alimentazione, molto spesso, tali scelte sono fatte combinando i vari fattori fra loro secondo il gusto e la propria personalità. Predominanti e più frequenti sono quelli economici, e di ordine medico a cui si aggiungono quelli culturali (essere vegetariani o vegani) e religiosi. 
La fame però è sempre stato il primo flagello dell'umanità.
In questo frammento del film "Miseria e Nobiltà", ma è implicito dire che come esempio non è unico,  la  fame è la vera protagonista.
Lo sappiamo , anche gli italiani hanno sopportato la fame, ma hanno sempre escogitato rimedi per affievolirla.
In tutte le famiglie le graduatorie dei beni e dei bisogni, le classiche dell' economia politica, erano, e lo sono ancora,la pista per la  antica danza della sopravvivenza:  quadrare il bilancio familiare.
 Adam Smith era sconosciuto alle nostre mamme o nonne e alle donne dei secoli passati, ma tutte erano abili economiste.
Vigeva l'ARTE DELL'ARRANGIARSI basata sul principio che "L'APPETITO AGUZZA L'INGEGNO" per "spendere poco e non scontentare nessuno".
Si è talmente consolidato tale modo di risparmiare che la cucina povera non è passata mai di moda.
La coltura scientifica ci è venuta in aiuto, e sapere  che troppe proteine di origine animale sono dannosissime, ha dato anche una mano a riequilibrare il bilancio, la salute e l'ambiente.
Considerando che il gradimento dei cibi è anche legato a fattori emozionali affettivi, cioè ai luoghi e ai momenti importanti della nostra vita, sono stati esaltati odori e spezie caratterizzanti le rinomate pietanze. 
Infatti, tutti abbiamo un odore un sapore che ci guida nelle scelte e ci conduce ai momenti vissuti piacevolmente. Li ritroviamo nella memoria tra i nostri ricordi, insieme alle sensazioni che ormai  sono indelebili dentro di noi. Proust ce lo insegna.
Quindi i"fusciuti" o "scappati" presenti nella cucina di tutta la Penisola con i loro odori o sapori sembrano essere delle vere e proprie "madeleine" che ricordavano le golosità e l'opulenza della festa alle generazioni passate e magari anche a noi, luoghi o persone.
Se non possiamo permetterci l'alimento base, ci possiamo accontentare dei condimenti e delle spezie che  caratterizzano il piatto. Questo è il principio base dei "fusciuti".
Vi assicuro sono vere pietanze d'eccellenza, molto gustose, facili da preparare ed economiche al massimo!
Tutti piatti presenti in tutte le tradizioni culinarie italiane, semplicissimi e tutti con l'aggettivo scappato o fuggito. A scappare è sempre la carne, il pesce o meglio ancora il baccalà.
Vi do i link dove potrete trovare alcune delle ricette più facili, non vi risparmierò qualche suggerimento, o variante.

Qui c'è la ricetta de "lu pecurieddu scappatu" come si può facilmente capire "l'agnello scappato" in cui della originale pietanza sono rimaste le patate con tutti gli altri ingredienti.
Vi consiglio di usare le patate novelle e le cipolle novelle bianche e schiacciate, affettatele molto fini. Aggiungete anche una spolveratina leggera di timo o origano. Se potete, e se volete, procuratevi dell'ottimo formaggio pecorino, grattugiatelo e mescolatelo con la mollica di pane;  è proprio quello che darà carattere al piatto. Per i vegani, se eliminate il formaggio abbondate in briciole di pane tostato con l'origano o il timo, sarà anche molto buono.
PECURIEDDU SCAPPATU
Questa è la versione vegana, è un po' diversa dalla nostra ricetta povera, ma 
potrete provarla, sembra molto appetitosa. In questo link ci sono due ricette, quella de "l'agnello scappato", è tipicamente vegana; l'altra è molto tradizionale.




RAGU' SCAPPATO O FINTO RAGU'
Qui trovate la ricetta del ragù di magro:
altra ricetta tradizionale povera. E' IL SUGO DIETETICO RACCOMANDATO NELLE DIETE PERCHE' PRIVO DI PURINE.
Qui nella ricetto ci mette il dado da brodo che io non metto perchè mi sembra inutile. Non arricchisce molto, ma se volete potete sempre provare , no?

lunedì 16 aprile 2012

PITTA RUSTICA SALENTINA


Castrignano dei Greci. Pitta rustica: 

cuore saporito del Salento 

immagine da GOOGLE

Il cuore saporito del Salento

Quando giunsi in Salento, malgrado l'affetto e il calore umano che mi circondava, mi era molto difficile sentirmi una salentina. Conoscevo bene tre lingue ma non riuscivo a dialogare con loro. Adesso le cose vanno meglio, ma sono sempre una forestiera, capisco bene la "lingua" ma non la parlo. Questo perchè, come dice una mia amica siciliana che vive qui come me da tantissimo tempo, è perchè non siamo riconosciuti salentini a tutti gli effetti e non lo saremo mai. Proveniamo da un'altra terra e la nostra personalità è già decisamente affermata. Cioè i nostri gusti, le nostre basi culturali insieme a tutte le conoscenze acquisite e maturate in noi ci rendono diversi. Siamo stranieri!
I fatti culturali di questa parte dell'Italia hanno una origine gelosamente conservata, attingono ad una tradizione antichissima e di varia derivazione; qui sono presenti retaggi storici-culturali greci, arabi, latini e più recenti spagnoli, francesi e inglesi. Tutti sono fusi e messi insieme, e si adattano a meraviglia alla loro personalità: disponibile, accogliente e gentile, ma sono sempre un po' diffidenti e riservati allo stesso tempo. Il loro modo di essere, fino a qualche anno fa, era per me difficile da comprendere. Ho studiato la loro "lingua" con le moderne tecniche linguistiche. Ho letto i classici in vernacolo, ho ascoltato canti e mi sono fatta insegnare gli etimi e la sintassi ma non posso dire di essere leccese. Molti termini usati qui da tutti con disinvoltura, sono andati perduti negli altri dialetti e in italiano. Per esempio, la parola "pitta" (quella della pizza rustica di cui al titolo del post) deriva da "picta", cioè pittata, dipinta. Al suo nascere, infatti, era una focaccia con disegni sulla superficie.
Preparata in particolari festività in epoche preistoriche dagli abitanti di questi luoghi per ingraziarsi gli dei e le divinità di allora.Fino a poco tempo fa, e io l'ho vista ancora cuocere da donne abili e molto legate alle antiche usanze, veniva cucinata nel forno di campagna. Uno speciale coperchio di ferro, o anche di coccio, su cui veniva messa la brace controllata costantemente, posto sulla teglia ben salda su un treppiedi con sotto la brace. Venivano cotti così anche biscotti e taralli squisitissimi.Ci sono due tipi di pitta, quella dolce e quella salata rustica con molteplici variazioni. Perciò, all'inizio, ho avuto dei problemi di comunicazione, principalmente di natura linguistica.
Qualcuno elogiando la bontà di un mio rustico di altre tradizioni (p.e. il gatò napoletano), chiamandolo pitta, aveva l'abilità di mandarmi letteralmente in tilt chiedendomi la ricetta di quella buonissima "pitta con il prosciutto e il salame" che aveva mangiato da me. Se qualcun altro aveva parlato prima di una torta "pasticciotto" (altra specialità dolce locale rinomatissima) chiamandola anche "pitta", io ero letteralmente in orbita.Ecco come viene preparata quella squisita focaccia che i turisti ricordano benissimo. Proprio per loro è la mia ricetta, che poi è quella della tradizione.E' in due varianti: quella con le verdure e quella col tonno in scatola.
Quella con le verdure è la più antica, di queste la più gustosa è quella "cu la paparina", pianta dello spontaneo papavero di campo, che è un po' difficile da trovare.

GLI INGREDIENTI:

  • gr. 400 di semola di grano duro
  • 1 cubetto di lievito di birra che scioglierete al momento in una ciotola con un po' d'acqua
  • 3 cipolle grosse e fresche, preferibilmente quelle  bianche e schiacciate
  • gr. 300 di pomodori maturi pelati (freschi o conservati)
  • gr. 50 di capperi ( meglio sotto sale e sciacquati in acqua fresca prima dell'uso)
  • gr.200 di olive nere snocciolate
  • gr. 200 di tonno sott'olio. (se ritenete di non poterlo mangiare, potreste usare anche delle verdure, le miste di campo, per esempio, oppure le biete o la scarola, prima vanno scottate in acqua bollente e poi saltate in padella con olio e uno spicchio d'aglio che toglierete)
  • un po' di prezzemolo, se lo gradite, e una foglia di alloro
  • sale, pepe, olio extravergine d'oliva q.b.

PREPARAZIONE:

Impastare la farina con il lievito diluito e un altro poco di acqua non molto calda, aggiungere dell'altra acqua salata. Fate attenzione, mi raccomando, a separare il sale dal lievito altrimenti viene compromessa la lievitazione.Lavorate l'impasto molto bene: tutto deve essere ben amalgamato, abbastanza morbido e compatto.
Mettetelo in un recipiente largo e alto (io uso un tegame medio, dovrebbe contenere il doppio del volume dell'impasto), copritelo con un coperchio o la pellicola trasparente e lasciatelo riposare al caldo per circa un'ora (meglio nel forno che avrete riscaldato a 100 gradi e poi spento prima di infilare il recipiente con l'impasto).

Procedete ora con la farcitura della "pitta":

  • in una padella fate soffriggere le cipolle tagliate a fettine sottilissime, quasi evanescenti, con la foglia di alloro che toglierete alla fine;
  • quando la cipolla sarà imbiondita, aggiungete i pomodori che avrete tagliato a pezzetti, e lasciate cuocere dolcemente.
  •  A fine cottura aggiungete i capperi dissalati (che avrete sciacquato in acqua), il tonno sbriciolato (o le verdure se non gradite il tonno) e una spolveratina di pepe se lo desiderate.
  • Aggiustate di sale e lasciate raffreddare.
  • Foderate una teglia con carta forno, o mettete direttamente dell'olio nella teglia  ungetela abbondantemente, non siate avari con l'olio, mi raccomando.
  • Intanto l'impasto sarà lievitato, avrà raddoppiato il suo volume.Dividetelo in due parti non uguali. La grande servirà come base della focaccia e la piccola la ricoprirà. Un suggerimento per non impiastricciarvi le mani di pasta ungetevele  d'olio per facilitare tutta l'operazione.
  • Stendete la pasta o con il matterello oppure schiacciatela con le mani, foderate il fondo e i bordi, con  la forchetta punzecchiate la base, questo servirà ad evitare le bolle d'aria che a volte si formano. 
  • Inserire la farcitura ormai tiepida distribuendola uniformemente, aggiungere le olive nere snocciolate distribuendole uniformemente.
  • Con l'altra parte dell'impasto formare un disco piuttosto sottile e ricoprire il tutto, sigillando il tutto con la pasta dei bordi schiacciandola con la forchetta, oppure pizzicando i due lembi. 
  • Sempre coi rebbi della forchetta. punzecchiando  tutta la superficie, fate dei disegni, per esempio se la teglia è tonda realizzate dei cerchi concentrici o una spirale, avrete anche voi così una "picta" come quelle antiche e ci sarà anche la possibilità di una buona evaporazione durante la cottura. (in gergo: "farà da cumignolo" e per renderla più colorata ungetela ben bene con dell'oliol.
Avrete già preriscaldato il forno al massimo (forno possibilmente non ventilato).

Lasciate cuocere a 200° per più di tre quarti d'ora, forse un'ora, dipende dal tipo di forno che avete. Mi raccomando sorvegliatela ogni tanto come fate con le altre focacce.

E' pronta quando si è staccata dai bordi e ha assunto un colore dorato e l'aspetto che ha nella foto ma anche un po' più morbida.