"rascel

«Io prendo manciate di parole e le lancio in aria; sembrano coriandoli, ma alla fine vanno a posto come le tessere di un mosaico».
(Renato Rascel)
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martedì 25 febbraio 2014

Time is a traveller on THE RIVER OF NO RETURN.

Non solo l’amore è un viaggiatore sul FIUME SENZA RITORNO, come canta la mitica Marilyn, ma anche il tempo, il nostro tempo...

Conservo ancora il 78 giri un po'(troppo) consumato, un autentico cimelio.
Per me rappresenta la colonna sonora della mia prima adolescenza. 
Mi fu regalato da mio padre per il mio dodicesimo o tredicesimo compleanno, non lo ricordo bene.
Avevamo visto il film "River of No Return" (La Magnifica Preda) di Otto Preminger del 1954, dove una giovane Marilyn Monroe, attrice protagonista, canta  questa magnifica canzone. 
E' anche la colonna sonora, è ripetuta per tutto il film, un po' lungo a dir il vero, almeno così lo ricordo. 
Finii per impararla a memoria, mi faceva sognare: era il tempo della scoperta della vita... non tornerà più.
Quando il fiume scorre e l'acqua fluisce lentamente, solo alla foce ci si accorge che tutto è cambiato da quando ha cominciato a scorrere. Si è arricchito, ha cambiato "umore" lungo il suo percorso ed è finita l'avventura, così, inevitabilmente!
... è la metafora della vita, per fortuna rimane la memoria, ma basta?



RIVER OF NO RETURN

If you listen you can hear it call

Wail-a-ree [wail-a-ree]

There is a river called THE RIVER OF NO RETURN
Sometimes it's peaceful and sometimes wild and free!

Love is a trav'ler on THE RIVER OF NO RETURN
Swept on for ever to be lost in the stormy sea
Wail-a-ree I can hear the river call [ no return, no return ]

Where the roarin' waters fall (wail-a-ree)
I can hear my lover call come to me [ no return, no return ]
I lost my love on the river and for ever my heart will yearn

Gone gone for ever down THE RIVER OF NO RETURN
Wail-a-ree wail-a-re-e-ee
She'll/He'll never return to me! [no return, no return, no return ]



IL  FIUME SENZA RITORNO
Traduzione di Cle Reveries

Se ascolti lo senti che chiama [Lamento-a-ree lamento-a-ree] 

C'è un fiume chiamato  FIUME SENZA RITORNO
A volte è tranquillo e a volte selvaggio e libero! 

L'amore è un viaggiatore sul FIUME SENZA RITORNO
Spazzato continuamente per perdersi 
per sempre nel mare in tempesta (Piangi)

Riesco a sentire il richiamo del fiume [Senza nessun ritorno, nessun ritorno] 

Dove cadono le acque che ruggiscono (piangi)
Riesco a sentire il mio amore che mi chiama [nessun ritorno, nessun ritorno] 
Ho perduto il mio amore sul fiume e per sempre il mio cuore anelerà
 
Andato,andato per sempre giù  per il FIUME SENZA RITORNO 
(Piangi, piangi) 
Lei / lui non tornerà a me! [Senza ritorno, nessun ritorno, nessun ritorno]

venerdì 31 gennaio 2014

The show must go on...



E' vero, lo spettacolo deve continuare senza sosta, ma qualcuno sa che a volte continuare potrebbe essere dannoso e disgustoso?
Certe performance politiche sul palcoscenico della Camera Italiana come quelle che avvengono in questi giorni sono esempi vergognosi.
Li vorrei dimenticare ma non si può, anche questa è storia.

di  | 29 gennaio 2014  qui


giovedì 11 aprile 2013

Quando si è poveri?

E' da questa mattina che mi pongo questa domanda a cui non riesco a dare una risposta che vada bene, cioè da quando ho letto la poesia di Neruda "La povertà" che riporto  alla fine del testo.
Vivendo in un periodo in cui si parla molto  di recessione globale e di povertà sempre più dilagante, mi sono resa conto di aver sinceramente perduto il senso ed il significato di questa atavica situazione.
La povertà, sì che la conosco. Per fortuna indirettamente. L'ho vista furoreggiare con la grande indigenza in cui si era tutti nel dopoguerra.
La percepivo quotidianamente nel vedere le privazioni a cui erano sottoposti i miei coetanei. Negli occhi lucidi della povera donna che veniva a chiedere a mia madre  piccole somme in prestito 
il lunedì e ritornare per restituirle il sabato e ripetere il rito nuovamente il lunedì successivo. Nell'andirivieni delle povere giovanissime mamme che bussavano alla nostra porta per sentire consigli incoraggianti da mia madre. Una persona disponibile, diventata suo malgrado, punto di riferimento del vicinato che non lesinava comprensione e sapeva ascoltarle. Rappresentava la sorella maggiore che  quelle giovanissime donne avevano sempre desiderato avere. Erano ancora ragazzine, 17 o 18 anni, e già un  carico domestico difficilissimo. Sposate, con un marito anche lui  giovanissimo, e  almeno un figlio con tutte le esigenze dei bambini piccoli. Mia madre riusciva a confortarle e a darle un supporto morale con suggerimenti adeguati ai loro affanni del momento. Sulle incertezze per la  loro prima gestazione o sui loro figli che facevano le normali richieste di tutti i bambini. Ah, dimenticavo proprio quello che a noi figlie dava più fastidio e che disapprovavamo e le rimproveravamo sempre: le iniezioni e l'assistenza ai parti. Lei si giustificava dicendoci che quella gente non avendo soldi per medici e personale tecnico adeguato, si sarebbe trascurata compromettendo il proprio stato di salute.
La povertà, anzi la miseria, l'ho sentita ancora nelle urla disperate della mamma di Riccardina, mentre piangeva sulla bara della sua figlioletta. La mia compagna di giochi era morta di tetano e  per me, che avevo giocato con lei il giorno prima, sicuramente è stato un vero shock, è stato anche il primo incontro con la morte e l'evento più amaro della mia vita. Non dimenticherò mai quello che diceva, quella donna così infelice. Quando ci penso mi sembra realmente inconcepibile per noi. Quella mamma nello strazio  assoluto ricordava quanto bene le avesse voluto e come avesse sempre accontentata in tutte le richieste della sua bimba.Un vero dramma!
Quali desideri aveva avuto in vita la bambina? e quali le sue richieste? Un giocattolo o un vestitino, rispondereste voi. No-o! Solo pane con lo zucchero! Ma, non è per noi assurdo? Vi assicuro questo l'ho vissuto realmente ed è stato sentito dalle mie orecchie.
Vivendo episodi simili, la mia generazione ha vinto la sfida con la povertà minacciosa che le faceva terrore, ma l'ha sempre guardata con dignità e una incoraggiante fiducia.
Avevamo dei modelli di vita vissuta ponderatamente  nella speranza di un futuro migliore. C'era una solidarietà umana veramente sentita, fatta di piccoli gesti, piccole confidenze, qualche buon consiglio, poveri prestiti e spontaneo reciproco rispetto.
Una sana risata, una canzone ascoltata dall'unica radio del vicinato o anche cantata, serviva a scacciare lo stress e la depressione.
Era il tempo e il luogo di cui ho parlato qui in questo mio post dell'anno scorso, per me un periodo di grande formazione.
E sì, devo molto a quella gente.
Se confronto quei tempi con i nostri, mi sembra di essere scesa da un'astronave proveniente da un altro pianeta.
Resto sconcertata per l'eccessiva informazione che considero insana e deviante, un vero lavaggio al cervello. Non che io preferisca ignorare tutto quello che accade, ma c'è solo una eccessiva informazione su una realtà che non è facilmente verificabile, punto e basta. Ho la sensazione che  ci sia una mancanza di volontà ad entrare in contatto con chi soffre, toccare con mano la sofferenza e cercare di dare una mano. C'è solo una finzione di empatia con tutti quelli lontani fisicamente (alludo ai numerosissimi talk show) ma esclude chi ci vive accanto, non ci si preoccupa di chi è vicino. Si sentono parole di solidarietà di facciata, frasi che risultano false o senza senso. Forse è dovuto al cambiamento culturale, cioè al sentirsi parte di un gruppo organizzato che si chiama Stato, con la s maiuscola, in cui basterebbe denunciare quello che accade e delegare le risoluzioni dei problemi agli enti preposti dallo stato. 
Negli anni '50 di cui stavo parlando, si aveva tanto bisogno di solidarietà, non quella denunciata ma quella del contatto fisico. Lo Stato pensava a resuscitare dallo sconquasso per arrivare ad un livello alto non  essenzialmente politico-economico ma anche   ideologico. Questo era sentito dai più sensibili e di buona cultura, certamente meno dai cittadini comuni, educati ed abituati a subire come sempre.
Noi, però, siamo cresciuti nella cultura dello stato che deve provvedere ai bisogni dei suoi cittadini, del “cura promovendae salutis”. La richiesta di un po' di pane urlata dal bimbo affamato, da me ascoltata, o meglio non soltanto da me ascoltata, ma da tutto il vicinato, era l'urlo dei nuovi poveri alle istituzioni. La risposta della povera giovane mamma era sempre la stessa, era un rito scontato. Io non riesco a dimenticarla perchè ci coinvolgeva un po' tutti, in altri termini ci vincolava alla solidarietà e al senso umano. 
Come si può dimenticare la reazione disperata di quella donna. Sempre urlando, sconsolata diceva: "Disgraziè, nan stè (piccola pausa ) vae dalla Signoora!". Così finiva quella sorta di dialogo, e dopo un poco "qualcuno" bussava, e appariva lui sulla nostra porta, carino, profumato di pulito, ben pettinato e felice di rivedere noi.  che lo aspettavamo. La "Signora" per antonomasia era mia madre, mai sorda o distratta nel dare una mano a chi non era fortunato come noi. Lei e tutte le altre "Signore" attrezzate solo di una cultura, una saggezza ed il normale senso umano, le sue umili competenze e la solidarietà umana sostituiva quello che ora pretendiamo dallo stato.
Il mio disgusto, scusatemi ma lo devo dire, è tale quando alle richieste di chi chiede aiuto come quel bambino bello ma indigente, si danno risposte simili  a "Ci dispiace poveretti miei non ci sono fondi", e noi intuiamo il seguito, cioè, andate in televisione a chiedere qualche sms di solidarietà. Così ormai ogni settimana c'è la richiesta di un contributo solidale per sostenere enti privati che fanno le funzioni della "Signora", ormai morta, anche come figura. Ora è l'epoca delle strutture Onlus, veri enti riconosciuti ma non sono ben sovvenzionati.
Quello che mi ha messo veramente in crisi questa mattina è stata la lettura della bella poesia e l'ascolto di altre notizie divulgate in questi giorni. Su un manifesto politico, per esempio, ho letto questo:"Il ... è vicino a tutti i cittadini che in questo momento stanno vivendo momenti difficili".
Ora sono veramente perplessa. Quale conforto possono dare a uno che non sa come sbarcare il lunario frasi come questa?
Bene penso che la vera povertà sia proprio nello sconforto per l' inesistenza di una solidarietà più umana e del calore umano che ridona il sorriso e la fiducia nel futuro.
Quando si è poveri, quindi?
Quando ci si sente abbandonati e privi di speranza, quando ci accorgiamo che non c'è nessuno capace di confortarci e scuoterci dallo sconforto con l'amore per il prossimo, quello che si deve e che è lo stesso che vogliamo noi dagli altri, umile ed umano.
Gustate la delicatezza di questo Neruda, almeno ci si confronta con i nostri sentimenti più belli e sulla schietta fiducia nella vita.
La povertà
(Pablo Neruda Parral, Cile 12/7/1904 - Santiago, Cile 23/9/1973 - Premio Nobel per la letteratura 1971)

Ahi, non vuoi,
ti spaventa
la povertà,
non vuoi
andare con scarpe rotte al mercato
e tornare col vecchio vestito.
Amore, non amiamo,
come vogliono i ricchi,
la miseria.
Noi la estirperemo come dente maligno
che finora ha morso il cuore dell'uomo.
Ma non voglio
che tu la tema.
Se per mia colpa arriva alla tua casa,
se la povertà scaccia
le tue scarpe dorate,
che non scacci il tuo sorriso che é il pane della mia vita
Se non puoi pagare l'affitto
esci al lavoro con passo orgoglioso,
e pensa, amore, che ti sto guardando
e uniti siamo la maggior ricchezza
che mai s'è riunita sulla terra.


........ e
Se desiderate o siete disponibili per una sana risata autoironica, guardate questo grandissimo Totò con tutto un cast di grandissimo valore. Notevole è l'interpretazione di un indimenticabile Marcello Mastroianni.

Una prestigiosa versione cinematografica dell'opera di Eduardo Scarpetta. Molta esagerazione, ma tantissima autoironia.




martedì 12 marzo 2013

When a lovely flame dies, smoke gets in your eyes...

Quando una fiamma d'amore si spegne,
hai il fumo negli occhi...


Ascoltando questo classico, così, giusto per tirarmi su dopo tanto "fumo venefico" divulgato dai media, mi si è schiarita la vista, e mi sono data una lettura più oggettiva del testo di questo capolavoro sempre verde.
Ho visto un soggetto amore non umano in senso carnale, ma umano nelle ideologie in cui inevitabilmente ed anche contro la nostra volontà finiamo per credere.
Sapete, sto quasi peggio di prima!
Molto più ferita e delusa di quando ci si accorge  di un tradimento d'amore e non riusciamo a vedere un barlume di serenità.
Ma un conto è la sfera intima-affettiva e un'altra è quella sociale.
Provate anche voi a leggere  il testo in questa chiave, è una bella musica cantata da una vera stella, produrrà sempre qualcosa di buono.
Magari fate come ho fatto io. Parlatene con un amico, insieme metterete un po' di ordine nelle vostre idee e poi si aspetterà. 
Come dice il grande Eduardo De Filippo
 "Adda passà a nuttate"!


Smoke Gets In Your Eyes
(Music by Jerome Kern and Lyrics by Otto Harbach) 

They asked me how I knew
My true love was true
I of course replied
"Something here inside
Cannot be denied "

They said: "Some day you'll find
All who love are blind
When you heart's on fire
You must realize
Smoke gets in your eyes"

So I chaffed them, and I gaily laughed
To think they would doubt our love
And yet today, my love has gone away
I am without my love

Now laughing friends deride
Tears I cannot hide
So I smile and say:
"When a lovely flame dies
Smoke gets in your eyes"

Smoke gets in your eyes



Hai Fumo Negli Occhi


Mi hanno chiesto come sapessi
Che il mio vero amore fosse vero,
Naturalmente ho risposto
"Qualcosa qui dentro
non può essere negato".

Mi hanno detto: "Un giorno scoprirai
Che tutti quelliche amano sono  ciechi,
Che quando il tuo cuore brucia
Devi renderti conto
Che hai del fumo negli occhi".

Allora io li ho preso in giro
e ho sorriso felice
Al pensiero di come potessero
Mettere in dubbio il mio amore-
E ora che il mio amore è andato via
Sono senza amore

Ora gli amici ridendo contestano
Le mie lacrime che non so nascondere
Allora sorrido dicendo:
"Quando una fiamma d'amore si spegne
hai il fumo negli occhi".

Hai il  fumo negli occhi

domenica 6 gennaio 2013

la vie ne vaut rien


la vita non vale veramente niente?



La prima volta che ho sentito questa canzone così trascinante, me lo sono chiesto, e poi richiesto.
La risposta è sempre una: 
La vita va vissuta con saggezza per capire il suo grandissimo valore.
Solo se la rispettiamo ci ricompensa e ci dona tutte le sue immense  grazie.


La vie ne vaut rien 
di Alain Souchon

Il a tourné sa vie dans tous les sens
Ha girato la sua vita in tutti i sensi
Pour savoir si ça avait un sens l'existence
Per sapere se aveva un senso l'esistenza
Il a demandé leur avis à des tas de gens ravis
Ha chiesto il loro parere a un sacco di gente felice
Ravis, ravis, de donner leur avis sur la vie
Felice, felice di dare il suo parere sulla vita
Il a traversé les vapeurs des derviches tourneurs
Ha attraversato vapori dervisci rotanti
Des haschich fumeurs et il a dit
Di fumo e hashish, ha detto

[Refrain] :

La vie ne vaut rien, rien, rien, la vie ne vaut rien
La vita non vale niente, niente, niente, la vita non vale niente
Mais moi quand je tiens, tiens,
Ma quando voglio, voglio,
Là dans mes mains éblouies,
Qui nelle mie mani bollenti
Les deux jolis petits seins de mon amie,
I due graziosi piccoli seni della mia amica
Là je dis rien, rien, rien, rien ne vaut la vie
Allora dico niente, niente, niente, niente vale la vita

Il a vu l'espace qui passe
Ha visto lo spazio che passa
Entre la jet set les fastes, les palaces
Tra il fasto del jet set, hotel di lusso
Et puis les techniciens de surface
Ed ancora i tecnici di superficie
D'autres espèrent dans les clochers, les monastères
Altri sperano nei campanili, nei monasteri
Voir le vieux sergent pépère mais ce n'est que Richard Gere,
Vedere il  vecchio sergente Pepper, ma non è altro  che Richard Gere,
Il est entré comme un insecte sur site d'Internet
E' entrato come un insetto sul sito Internet
Voir les gens des sectes et il a dit
Vedere le persone delle sette  e ha detto
[Refrain]

La vie ne vaut rien, rien, rien, la vie ne vaut rien
La vita non vale niente, niente, niente, la vita non vale niente

Il a vu manque d'amour, manque d'argent
Ha visto una mancanza di amore, mancanza di soldi
Comme la vie c'est détergeant
Come la vita è detergente
Et comme ça nettoie les gens,
E mentre pulisce persone
Il a joué jeux interdit pour des amis endormis,
Ha giocato giochi proibiti per gli amici addormentati,
Et il a dit
Ed ha detto:
[Refrain]

La vie ne vaut rien, rien, rien, la vie ne vaut rien
La vita non vale niente, niente, niente, la vita non vale niente

sabato 8 dicembre 2012

UNA BELLA RIFLESSIONE



DALAI LAMA 
PREMIO NOBEL PER LA PACE 1989
"Quello che mi ha sorpreso di più negli uomini dell'Occidente è che perdono la salute per fare i soldi e poi perdono i soldi per recuperare la salute. Pensano tanto al futuro che dimenticano di vivere il presente in tale maniera che non riescono a vivere né il presente né il futuro. Vivono come se non dovessero morire mai e muoiono come se non avessero mai vissuto." 
(citato dal DALAI LAMA in Reata Strickland, Interview with God, Free Press, 2002. ISBN 978-0743229579)






Questo me lo sono sempre detto, naturalmente non con le stesse parole, e non mi sono mai stancata di ripeterlo ai giovani:
VIVI IL PRESENTE 
il passato non c'è più e il futuro non sai come sarà perchè non dipende solo da te!
CARPE DIEM

sabato 1 dicembre 2012

TROVA IL TEMPO


... abbiamo sempre fretta, ci manca sempre il tempo per fare...


... cosa?

Arrivare più in fretta a rimpiangere momenti come questi?

Fermiamoci, godiamoceli questi piccoli regali, solo ora ne abbiamo l'opportunità, 

di "doman non v'è certezza"!



sabato 26 maggio 2012

IL "PIANO B" PER SUPERARE "L'IMPASSE"



L'ho sempre ammesso: sono una sognatrice.

(la musica è "Gracefully" di G.Marradi)


Sono sempre in un equilibrio precario.
Mi muovo tra razionalità, intuizione e immaginazione.
Ho bisogno di un po' di tempo  e l'aiuto dei miei punti di riferimento per  poter analizzare accuratamente i fatti ed arrivare ad una visione disincantata della realtà  (un esempio è in questo mio post).
Devo confessarlo, è così bello farsi dondolare su questa altalena, mi sembra che addolcisca la pillola o che mi deresponsabilizzi un po'.
Ed è anche, in un certo senso rassicurante sapere che quello che accade è così perchè la mia volontà non ha nessun valore decisivo.
D'altro canto, ci tirano su con le favole nell'infanzia, ci fanno sognare mondi inesistenti nell'adolescenza e non se ne dovrebbero portare i segni da adulti? 

Per i nostri avi non erano sempre presenti i Lari, i Penati e tutte le altre figure che proteggevano a loro modo la casa degli umani?
Chi non ha mai sentito nominare personaggi fantasiosi come il Monachicchio, Monaciello, Scazzamarrieddhru, Larieddhu, Sciacuddhi, Mazaròl, Mazapegul e molti altri protagonisti delle nostre antiche leggende?
Tutti questi personaggi, con caratteristiche peculiari simili tra loro, nella letteratura per l'infanzia ci hanno fatto sognare da bambini e da grandi potrebbero essere presi in prestito per fungere da veri e propri espedienti catartici.
A ben riflettere, il folletto e le fate, così ufficialmente vengono identificati tutti quei variegati ed affascinanti personaggi, avevano la funzione del "deus ex maquina" dell'antico teatro classico: davano una svolta decisiva alle storie intricate .

I fatti narrati basati su avvenimenti reali o verosimili, si intrecciavano a tal punto che non potevano concludersi in modo facile ed attendibile, così c'era sempre un qualcosa di irreale e magico,  un personaggio imprevedibile magistralmente introdotto che faceva superare "l'impasse" con un tocco geniale e fantastico.
Nel teatro classico il "Deus ex Maquina" cadeva letteralmente dall'alto della scena col compito di fornire un provvidenziale epilogo della storia, normalmente tragica. La conclusione non era del tutto sulla stessa linea logica umana della trama svolta, ma era nella logica degli dei.
Nella mia infanzia era sempre presente il provvidenziale "folletto trafughino", una presenza su cui si scaricavano tutte le responsabilità derivanti dalle nostre pessime abitudini. Le sparizione di oggetti, dovute al disordine e alla pigrizia tipica dell'infanzia, per esempio, erano sempre attribuite a quel fantomatico personaggio.
Peccato che questi personaggi molto utili, su cui addossare tutte le colpe dovute alle mancanze umane non ci siano più.

Sarebbero molto utili, servirebbero a tutti e in ogni campo. Ci aiuterebbero a rassegnarci, certamente a non risolvere situazioni imbarazzanti, ma sarebbero sempre lì pronti a fare da capro espiatorio.
Per la cattiva gestione e il mancato senso di responsabilità dilagante nella nostra attualità, molto spesso vengono a crearsi delle situazioni perniciose, molto complicate e paradossalmente intricate,  penso che un bel "Deus ex Maquina" sarebbe veramente molto comodo. 
Sarebbe un bel prendersi in giro, sì, ma d'altro canto ci siamo abituati, lo hanno sempre fatto comunque gli altri.
L'attesa di una soluzione fortunosamente illogica arrivata dal cielo ci aumenterebbe la speranza di poter arrivare a soluzioni per noi più vantaggiose.
A questo punto mi è sorto un dubbio: la speranza nel tocco fatato della bacchetta magica è stata, e lo è ancora, sempre ben celata dentro di noi?

Aspettiamo sempre, come facevamo da bambini, le fate, i folletti, i Super Eroi o Goldrake e tutti gli altri  per poter risolvere i nostri problemi?




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martedì 3 aprile 2012

IL TEMPO E LA CONTEMPORANEITA'

AS TIME GOES BY




Molto spesso mi soffermo a riflettere sul tempo, cioè come venga considerato da noi uomini e come ci vincoli alla società, alle mode e alle politiche che si susseguono e quanta confusione imperi nel nostro tempo.
Avendo a disposizione dei modelli standardizzati, ormai cliché formulati e codificati dal "buon senso", o "common sense" anglosassone, fino agli anni sessanta per la gente comune non ci sono stati problemi per come comportarsi nella società. Si era sicuramente un po' piatti, ingrigiti e fondamentalmente privi di personalità, ma forse più rassegnati alla sopportazione. 
Fino alla rivoluzione culturale del '68 ci avevano pensato gli altri dall'alto della loro sapienza o della loro potenza a dirci cosa fare. In tutto il mondo “civile” si erano sempre seguiti degli stereotipi da imitare nelle varie occasioni della vita. Un bell’esempio è quello della grande regina Vittoria che in Inghilterra aveva fatto redigere e distribuire ad ogni famiglia del suo regno un libriccino,” Il Manuale delle Buone Maniere”, in cui per ogni occasione c’era la giusta etichetta da seguire per non essere considerate persone incivili. Come ci si doveva vestire, parlare o anche guardare e principalmente quale era l'età giusta consentita per affrontare ogni esperienza.
Va considerato, però, il periodo storico: imperava il ”credere e obbedire” e le cose era meglio che funzionassero così. Sicuramente con molta ipocrisia ma non si può nascondere che era un bell’apparire.

In Italia c’era stato molto tempo prima Monsignor Giovanni Della Casa famosissimo e noto soprattutto come autore del manuale di belle maniere "Galateo" (scritto probabilmente dopo il 1551 ma pubblicato postumo nel 1558), che fin dalla pubblicazione godette sempre di grande successo. Considerate, però, l'indice di alfabetizzazione di quel tempo e vi farete un'idea di quanto la società aveva potuto trarne vantaggio.
Ognuno tra le persone colte e stimate sapeva a quale stereotipo appartenere e come comportarsi nel relazionarsi con tutti, ma soprattutto quando era finita un'età e ne era cominciata un'altra. Cioè a quale età incominciare e a quale età finire.
Quindi, oltre che nel lavoro anche nella vita sociale si sapeva mirare e prospettare il ruolo a cui appartenere. Gli uomini sapevano a quale età essere punto di riferimento sociale e quando passare alla storia anche se ancora vivi.
C’erano anche le eccezioni, perché no, ma quelli che avevano già dato erano la maggioranza. Le donne, purtroppo sapevano a quale età dover prendere marito o entrare in società etc. e principalmente a non essere mai la” pietra dello scandalo” per non far fare brutta figura.
Molto triste e frustrante davvero! 
Ora c'è sempre qualcuno in rete, sui rotocalchi, in TV che si affanna a divulgare come comportarsi o non comportarsi in certe occasioni, non so quanto venga ascoltato vista la cafonaggine che impera ovunque. Ma non c'è nessuno che si sforza di raccomandare che il tempo passa e che solo per i vini è valido l'invecchiamento che migliora la qualità, anzi sembra quasi che si aspetti l'invecchiamento dei giovani per migliorare la società.!?




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lunedì 23 gennaio 2012

IL RESPIRO DELLA CITTA'

Ho l’abitudine di "vivere"  completamente i luoghi in cui mi capita di passare periodi importanti della mia vita.
Ci sono parecchi posti che sono miei, cioè mi hanno dato tutta la loro intimità e da cui ho appreso come riconoscere le loro palpitazioni, i loro segnali che ti invitano a farla tua. Sembrerebbe un discorso da pazzi per chi abita in un posto ma non ci vive, è solo un ospite esigente: volere tutto e non dare nulla. Nemmeno un po’ di ascolto a quel respiro, a quella voce che si espande su un territorio che sembra arido e senz’ anima, una cosa da sfruttare e basta.
Se siamo capaci di mettere a tacere il nostro egoismo, a poco a poco e lentamente ci capiterà di imparare a decodificare tutti i linguaggi in cui si esprime la nostra terra.
Il ritmo e l’accento che caratterizza il modo di parlare della gente, fatto di storia comune e di sensibile apporto privato, è quello che mi colpisce per primo. Poi ci sono i suoni della vita quotidiana, i giochi e gli scherzi fatti per strada, la musica che si ascolta.
Insomma la voce della gente che assume e riassume tutto il calore vivo e privato, che si esprime in tutto il suo mondo. Sa di lavori tipici, di strumenti antichi e moderni, di odori di una esistenza completa. Quello dei cibi è quello che mi affascina e mi stimola maggiormente più d’ogni altro.
Il vento veicola il tutto dando una caratterizzazione diversa a seconda della direzione in cui soffia, così dice anche come vive da sempre quel luogo che mi ha aperto il suo cuore.
A questo punto inevitabilmente si pensa al rumore del traffico. Per me non è sempre solo rumore, penso che i mezzi di trasporto siano come degli strumenti musicali, molto spesso in mano di incompetenti. Amare il proprio strumento e non servirsene solo per ferire la gente, una chitarra usata solo come arma.
Un centro abitato può indicare la qualità e il senso civico di chi ci vive e si muove con un mezzo qualsiasi, penso ai ciclisti delle città ben organizzate che con i campanelli così allegri danno vita ad un’armonia così intonata. Penso ai semafori che scattando ad intervalli regolari e fanno variare i suoni secondo la diversa provenienza delle auto, non un monotono orchestrare, ma a volte un calmo, altre un vivace o un forte.
E poi la vita per le strade! Non è possibile dimenticare le scritte sui muri che mi danno tutto il polso della città!
Concedetemi questa trasgressione, ma girare in una città e vedere scritte come “TI AMO DA MORIRE”, mi fa dimenticare che è un reato imbrattare i muri!
Ascoltiamo questo famoso Pino Daniele come sente la sua città, è un esempio di come vivere e interpretare il proprio paese.




venerdì 30 dicembre 2011

IL TEMPO



"Felice 2012"
Time is a traveller on THE RIVER OF NO RETURN.
Non solo l’amore è un viaggiatore sul FIUME SENZA RITORNO, come canta la mitica Marilyn, ma anche il tempo!
Speriamo che il 2012 non incontri disastrose rapide e che ci porti giù con più tranquillità per i suoi 365 giorni.



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RIVER OF NO RETURN

If you listen you can hear it call
Wail-a-ree [wail-a-ree]

There is a river called THE RIVER OF NO RETURN
Sometimes it's peaceful and sometimes wild and free!

Love is a trav'ler on THE RIVER OF NO RETURN
Swept on for ever to be lost in the stormy sea
Wail-a-ree I can hear the river call [ no return, no return ]

Where the roarin' waters fall (wail-a-ree)
I can hear my lover call come to me [ no return, no return ]
I lost my love on the river and for ever my heart will yearn

Gone gone for ever down THE RIVER OF NO RETURN
Wail-a-ree wail-a-re-e-ee
She'll/He'll never return to me! [ no return, no return, no return ]



Traduzione
IL  FIUME SENZA RITORNO
Se ascolti lo senti chiamare [Lamento-a-ree lamento-a-ree] 

C'è un fiume chiamato  FIUME SENZA RITORNO
A volte è tranquillo e a volte selvaggio e libero! 

L'amore è un viaggiatore su FIUME SENZA RITORNO
Spazzato per sempre per perdersi nel mare in tempesta 
(Lamento-a-ree)
Riesco a sentire la chiamata del fiume [nessun ritorno, nessun ritorno] 

Dove cade il ruggito delle acque (lamento-a-ree)
Riesco a sentire il mio amore che mi chiama [nessun ritorno, nessun ritorno] 
Ho perso il mio amore sul fiume e per sempre il mio cuore anelerà
 
Andato perso per sempre giù  per il FIUME SENZA RITORNO 
(Lamento-a-ree lamento-a-re-e-ee) 
Lei / lui non tornerà a me! [Nessun ritorno, nessun ritorno, nessun ritorno]

martedì 29 novembre 2011

A TREASURE IN MY MIND. A SAFE FOR THAT

Ai nuovi amici
Sono qui da qualche giorno, provengo da http://msreveries.splinder.com/  e mi ero appena ambientata quando Splinder ha deciso di dare lo sfratto a tutti.
Nel traslocare non ho potuto fare a meno di portare con me alcune cose, forse per me le più importanti.
Questo post, per esempio, per me significa molto.
Spero soltanto di riuscire ad inserire anche il video perchè in questa casa ancora mi confondo tra tante cose nuove.

Giovedì, 12 Maggio 2011
A TREASURE IN MY MIND.
 A SAFE FOR THAT
Nella nostra mente custodiamo gelosamente tutti i nostri ricordi. Sono lì come in una cassaforte molto capiente la cui chiave non si trova. Come se un folletto si divertisse a nasconderla e ad offrircela nei momenti più impensati.
Ascoltate questo capolavoro dei Beatles che è uno dei motivi della colonna sonora della mia vita.
Soffermarmi sul significato e sul valore delle sue parole (forse meglio versi) per me è sempre motivo di riflessione sulle tappe della mia vita.
Gradirei che il mio folletto non mi perdesse la chiave, sarebbe la mia rovina!

In My Life - The Beatles (1965)
There are places I'll remember all my life, 
though some have changed.
Some forever not for better
some have gone and some remain.
All these places have their moments
with lovers and friends I still can recall.
Some are dead and some are living,
in my life I've loved them all
 But of all these friends and lovers
there is no one compares with you.
And these memories lose their meaning
when I think of love as something new.
Though I know I'll never lose affection
for people and things that went before
I know I'll often stop and think about them
in my life I love you more.

TRADUZIONE
(trad. di Cle Reveries)
Nella Mia Vita
Ci sono posti che ricorderò per tutta la vita
Sebbene  qualcuno sia cambiato
Qualcuno per sempre, non in meglio
Qualcuno se ne sia andato, qualcuno è rimasto.
Tutti questi luoghi hanno i propri momenti
Con amori e amici che ancora posso ricordare
Qualcuno è andato, qualcuno è vivo
Tutti questi posti hanno i propri momenti
Con amori e amici che ancora ricordo
Alcuni sono morti, alcuni sono vivi
Nella mia vita li ho amati tutti
 
Ma di tutti questi amici e amori
Nessuno è paragonabile a te
E questi ricordi perdono il proprio significato
Quando penso all'amore come qualcosa di nuovo
Anche se so che non perderò l'affetto
Per le persone e le cose che sono passate
So che mi fermerò spesso a pensare a loro
Nella mia vita vi amo di più.




Ecco i commenti degli amici di Splinder:


#1 15 Maggio 2011 - 17:52

Non amo pensare al passato, ma questa canzone dei Beatles mi piace tantissimo. E' un capolavoro.
  
Kaliparthena
#2 15 Maggio 2011 - 17:58

Non conoscevo questo pezzo dei Beatles, e invece è molto bello.
Che poi, di tutti, chi più di loro esprime un qualcosa che è oltre le parole e oltre la musica al punto da portarci ogni volta oltre il tempo?
Il nostro, tempo.
Ma anche, oltre ogni idea di tempo.
Kittymol

utente anonimo
#3 18 Maggio 2011 - 09:25

un libro di poche pagine noiose non è bello come un grande libro pieno di e storie e di emozioni che ti riempiono il cuore e ti fanno riflettere.
i ricordi sono tutte quelle pagine che sfogliandole ti creano qualcosa, senza ricordi saremmo vuoti.
un bacio
tua figlia.

utente anonimo
#4 18 Maggio 2011 - 20:57

Per Kaliparthena: Ascoltare la musica è sempre volare con la fantasia e la memoria. I Beatles sono maestri in questo. La loro musica ti fa entrare in un mondo di una calma unica, i loro testi son o sempre così coinvolgenti e molto profondi, sono efficaci analisi dell'animo umano. Io li trovo insuperabili e li adoro!
  
MsReveries
#5 19 Maggio 2011 - 01:23

Per Kittymol: E' proprio quello che penso anch'io dei Beatles. Sono unici e sempre validi,ed attuali. Suscitano le stesse emozioni ormai da generazione in generazione. Come dici bene tu. oltre ogni idea di tempo.
E come dice il mio affettuoso Anonimo, i nostri ricordi  servono a riempirci il cuore e ad emozionarci. Sono tutti nelle pagine della nostra vita che abbiamo  scritto noi, e rileggerle ogni tanto ci fa molto bene. E' sempre utile ripercorrere attraverso i ricordi, i sentieri del nostro vissuto e vedere con uno sguardo diverso e  distaccato, sia  per maggiore maturità ed esperienza, per valutare meglio le nostre imprese che siano state belle o meno belle, comunque nostre.
Il folletto evocatore potrebbe essere qualsiasi musica, odore, rumore, o sapore o anche immagine che fa da link tra noi e il nostro passato e ogni volta ci procura emozioni diverse.
  
MsReveries
#6 24 Maggio 2011 - 10:10

Per Tutti,
Riporto quello che scrive Riccardo Venturi nel suo blg http://ekbloggethi.blogspot.com/
κβλόγγηθι Σεαυτόν Asocial Network:
"Si resta affezionati alle proprie fantasticherie; diventano una parte di noi, sono nella memoria lunga. Ci son delle volte in cui, senza un motivo ed in un luogo qualsiasi, tornano alla mente. Ed allora si torna per un attimo ad aprire quella porta del faro di Palmaiola, chiusa da anni; si spolverano i mobili e le suppellettili, si verifica se le apparecchiature sono tutte in ordine, si aggiusta quella zampa di tavolino che cigolava e s'innaffiano i vasi di fiori che, chissà come, non appassiscono mai. Si dà un'ultima controllatina, si richiude la porta a tripla mandata e si torna alla legge di gravità. Ma tutto dev'essere pronto all'uso, sempre, in qualsiasi momento."L'Asociale Riccardo Venturi  
MI sembra una appropriata ed efficace chiosa del mio post, si deve restare affezionati alle proprie fantasticherie, non è puerile è umano! 
  
MsReveries
#7 09 Giugno 2011 - 19:21

Concordo. Sia su Venturi che sul valore della memoria, che è sempre "affettiva". Infondo, ricordiamo solo ciò che provoca in noi una forte emozione, ciò che bypassa la ragione per arrivarci solo dopo, quando l'emozione cerca una strada per trovare una ragione che non sempre è sufficiente a spiegare ciò che significa per noi, anche fisicamente, quell'emozione.
kittymol77