"rascel

«Io prendo manciate di parole e le lancio in aria; sembrano coriandoli, ma alla fine vanno a posto come le tessere di un mosaico».
(Renato Rascel)
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mercoledì 18 febbraio 2015

Le cose e l'economia dei materiali: i prodotti elettronici.

"Oltre a conoscere l'esistenza di tutto quello che è messo a nostra disposizione dalla tecnologia moderna per aiutarci e facilitare la nostra vita piena di progresso, sappiamo tutti cosa farne quando non ci serviranno più?"

Questo lo scrivevo nel post del 20 giugno 2014 "Le cose e l'economia dei materiali". Continuo a chiedermelo.

Senza alcun dubbio è un tema sempre attuale che ha interessato e continua ad interessare molti. Più di quattromila duecento visitazioni per questo post è un numero molto significativo per me che sono una blogger per caso.

Molti e interessanti sono stati i commenti, a volte anche incoraggianti.

Lo smaltimento dei rifiuti con la raccolta differenziata anche se con qualche difficoltà sta modificando le nostre abitudini. Ci sta responsabilizzando educandoci ad affrontare un mondo futuro diverso.

Si va verso una accurata raccolta differenziata dei rifiuti domestici ma forse si deve fare ancora molto per i rifiuti ingombranti la cui raccolta è sempre molto avventurosa e sul loro smaltimento non c'è molta chiarezza.

Annie Leonard, che ringraziamo, ci da' il suo parere illuminandoci sui prodotti elettronici.




venerdì 20 giugno 2014

Le cose e l'economia dei materiali

Oltre a conoscere l'esistenza di tutto quello che  è messo a nostra disposizione dalla tecnologia moderna per aiutarci e facilitare la nostra vita piena di progresso, sappiamo tutti cosa farne quando non ci serviranno più?
Ci parlano di smaltimento dei rifiuti, ma prima di mettere sul mercato un prodotto nuovo dai componenti che la natura non conosce e non sa come degradarli come fa da sempre, ci hanno pensato e trovato una reale ed economica soluzione per questo serio problema? 
E' un tema che rimane ancora solo un "real topic of conversation", troppe volte alla ribalta dei mass media ma mai veramente e seriamente affrontato. Sembrano solo parole al vento, il solito "bla bla"   fine a sé stesso.
Questo è il risultata del mio surfing, è anche questo un "bla bla"? 


E' stato caricato su YOU TUBE in data 22/mag/2008
"Annie Leonard ci spiega qual'è il problema della corsa al consumismo iniziata negli anni 50. Il perchè oggi ci stiamo dirigendo contro un muro.
Si ringrazia il progetto de PILiamoci a cura di Roberto Lorusso e Nello De Padova per la traduzione e il Doppiaggio italiano.


Su YouTube ho anche trovato in inglese "The story of solutions", è un video con i sottotitoli in italiano che non ho potuto inserire qui e che vi raccomando di vedere. 

mercoledì 28 maggio 2014

"...tutta questa tecnologia è solo un'illusione"

"Un mondo di interessi personali, selfie, autocelebrazione, in cui tutti condividiamo le nostre parti migliori, lanciando fuori l'emozione. .....ci vedono vivere come robot e pensano sia normale......."

Sono parole sagge del video pubblicato qui  da rodixidor, alias paracqua, una esortazione a ritornare ad essere UOMINI.

Ringrazio il mio amico per l'opportunità che mi ha offerto, ne avevo proprio bisogno.

Ho guardato le immagini e ascoltato le parole, centellinando ogni sequenza e ogni frase.


Ho riflettuto. Ho messo a fuoco le molte perplessità che mi affliggono letteralmente in quest'ultimo periodo. 
Ho capito il rischio che corriamo tutti indistintamente!

E'un invito valido ormai per tutti.  
Ammettiamolo, in fondo in fondo,ci stiamo contagiando tutti, non sembra anche a voi?

giovedì 1 maggio 2014

Festa o commemorazione?



Cuor contento Dio l'aiuta...
... mah!




Sciur padrun da li beli braghi bianchi

Signor padrone dai bei pantaloni bianchi
Canto popolare *

Sciur padrun da li béli braghi bianchi
fora li palanchi fora li palanchi
sciur padrun da li béli braghi bianchi
fora li palanchi ch'anduma a cà
A scüsa sciur padrun sa l'èm fat tribülèr
i era li prèmi volti i era li prèmi volti
a scüsa sciur padrun sa l'èm fat tribülèr
i era li prèmi volti ca 'n saiévum cuma fèr
Prèma al rancaun e po' dopu a 'l sciancàun
e adés ca l'èm tot via e adés ca l'èm tot via
prèma al rancaun e po' dopu a 'l sciancàun
e adés ca l'èm tot via al salutém e po' andèm via
Al nostar sciur padrun l'è bon come 'l bon pan
da stér insëma a l'érsën da stér insëma a l'érsën
al noster sciur padrun l'è bon com'è 'l bon pan
da stér insëma a l'érsën al dis - Fé andèr cal man -
E non va più a mesi e nemmeno a settimane
la va a pochi giorni la va a pochi giorni
e non va più a mesi e nemmeno a settimane
la va a pochi giorni e poi dopo andiamo a cà
E non va più a mesi e nemmeno a settimane
la va a poche ore la va a poche ore
e non va più a mesi e nemmeno a settimane
la va a poche ore e poi dopo andiamo a cà
Incö l'è l'ultim giürën
e adman l'è la partenza
farem la riverenzafarem la riverenza
incö l'è l'ultim giürën
e adman l'è la partenza
farem la riverenza
al noster sciur padrun
E quando al treno a scëffla
i mundèin a la stassion
con la cassiétta in spala
con la cassiétta in spala
e quando al treno a scëffla
i mundèin a la stassion
con la cassiétta in spala
su e giù per i vagon
Quando saremo a casa
dai nostri fidanzati
ci daremo tanti baci
ci daremo tanti baci
quando saremo a casa
dai nostri fidanzati
ci daremo tanti baci
tanti baci in quantità

TRADUZIONE

Signor padrone dai bei pantaloni bianchi
Signor padrone dai bei pantaloni bianchi 
fuori i soldi fuori i soldi
signor padrone dai bei pantaloni bianchi fuori i soldi che andiamo a casa
Scusi signor padrone se l'abbiamo fatto tribolare erano le prime volte
erano le prime volte scusi, signor padrone se l'abbiamo fatto tribolare erano le prime volte e non sapevamo come fare
Prima lo sradicavamo, poi lo strappavamo e adesso che l'abbiamo tolto e adesso che l'abbiamo tolto
prima lo sradicavamo poi lo strappavamo e adesso che l'abbiamo tolto la salutiamo e andiamo via
Il nostro signor padrone è buono come il pane buono stando sopra l'argine, stando sopra l'argine il nostro signor padrone
è buono come il pane buono stando sopra l'argine dice: Fate andare quelle mani
E non va più a mesi e nemmeno a settimane, si va a  pochi giorni si va a pochi giorni
e non si va più a mesi e nemmeno a settimane, si va a pochi giorni e poi dopo andiamo a casa
E non si va più a mesi e nemmeno a settimane, si va a poche ore si va a poche ore
e non si va più a mesi e nemmeno a settimane, si va a poche ore e poi dopo andiamo a casa.
Oggi è l'ultimo giorno e domani è la partenza
faremo la riverenza faremo la riverenza, oggi è l'ultimo giorno e domani è la partenza
faremo la riverenza al nostro signor padrone
Signor padrone dai bei pantaloni bianchi...
E quando il treno fischia, le mondine alla stazione con la cassetta in spalla, con la cassetta in spalla
e quando il treno fischia, le mondine alla stazione, con la cassetta in spalla su e giù per i vagoni...
Quando saremo a casa
dai nostri fidanzati
ci daremo tanti baci
ci daremo tanti baci
quando saremo a casa
dai nostri fidanzati
ci daremo tanti baci
tanti baci in quantità


Il testo e la traduzione li ho reperiti qui al sito http://www.icgonars.it/comuzzo/sciur.htm devo ringraziare gli autori per il loro lavoro accurato

venerdì 24 gennaio 2014

...eppure il vento soffia ancora

è stato un vergognoso esempio di crimine
 contro l'manità, non chiamiamolo errore! 
 (clicca qui e anche qui)







.... e' una storia infinita, purtroppo. 

"i crimini contro la vita li chiamano errori", è un verso di una canzone che mi piacerebbe e sarei contenta se la potessi definire una vecchia e assurda canzone.

Non è così, è il grandissimo e indimenticabile Pierangelo Bertoli che ha cantato negli anni settanta la sua "Eppure soffia" che fotografa tutta la situazione attuale.

L'avrete senz'altro ascoltata molte volte, è famosissima, ma non credo che tutti abbiano seguito il testo.

Vi prego di soffermarvi e meditare sulle sue parole, è una vera e propria denuncia della follia umana le cui conseguenze sono sotto i nostri occhi.


EPPURE SOFFIA
di Pierangelo Bertoli (1977)

E l'acqua si riempie di schiuma il cielo di fumi
la chimica lebbra distrugge la vita nei fiumi
uccelli che volano a stento malati di morte
il freddo interesse alla vita ha sbarrato le porte
un'isola intera ha trovato nel mare una tomba
il falso progresso ha voluto provare una bomba
poi pioggia che toglie la sete alla terra che è vita
invece le porta la morte perché è radioattiva

Eppure il vento soffia ancora
spruzza l'acqua alle navi sulla prora
e sussurra canzoni tra le foglie
bacia i fiori li bacia e non li coglie

Un giorno il denaro ha scoperto la guerra mondiale
ha dato il suo putrido segno all'istinto bestiale
ha ucciso, bruciato, distrutto in un triste rosario
e tutta la terra si è avvolta di un nero sudario
e presto la chiave nascosta di nuovi segreti
così copriranno di fango persino i pianeti
vorranno inquinare le stelle la guerra tra i soli
i crimini contro la vita li chiamano errori

Eppure il vento soffia ancora
spruzza l'acqua alle navi sulla prora
e sussurra canzoni tra le foglie
bacia i fiori li bacia e non li coglie
eppure sfiora le campagne
accarezza sui fianchi le montagne
e scompiglia le donne fra i capelli
corre a gara in volo con gli uccelli

Eppure il vento soffia ancora!!!


I crimini contro la natura e la mancata tutela dei cittadini andrebbero pagati cari, perchè è da criminali giustificare i morti e le lacrime di chi vede crollare tutte le sue speranze di riprendersi dopo eventi naturali , imputando tutto alle condizioni climatiche che stravolgono le statistiche.
Ora più che mai stanno venendo a galla gli effetti dei crimini di chi ha firmato progetti senza tener presente le sue responsabilità di tutela di un territorio coprendo tutti i rischi, anche quelli meno probabili.





venerdì 8 novembre 2013

UN REGALO SPINOSO

Grazie blogger!
... ma dai, avvertimi prima, no!
sai, non reggo le sorprese!


Sono ancora in crisi di identità, ero abituata al template coi palloni colorati!

Che volete, sono fatta così, forse non lo sapete, ma mi piace scegliere i regali.
Lo faccio direttamente con gli intimi, o indirettamente con tutti gli altri.

... e poi finchè mi abituo al nuovo...
Mi auguro vi piaccia, cercherò di migliorarlo, non sono sicura di riuscirci, però.

Intanto diciamo che va bene così, poi si vedrà!



venerdì 1 novembre 2013

...perchè "Halloween" e non "Tutti i Santi" ?

(Post pubblicato l'anno scorso e che ripropongo)


Halloween (o Hallowe'en) è principalmente celebrata negli Stati Uniti la notte del 31 ottobre ed è un retaggio culturale antichissimo di tradizione celtica ed anglosassone. Ormai la conosciutissima zucca intagliata, Jck-o'-lantern, è il risaputo simbolo della ricorrenza. Da noi, fino a poco tempo fa, veniva confezionata per scherzi nelle feste goliardiche o a carnevale. Era sempre un successo per la sua macabra allegria.
Io preferisco la vecchia maniera, la considero la festa dei Santi o "I Morti".
Non vedo la necessità di seguire e far proprie le tradizioni altrui: "diamo a Cesare quello che è di Cesare".

Mi piace vedere Halloween nei film americani o sui blog dei miei amici di tradizione anglosassone. A tal proposito, se volete, visitate questo di Jina che è del mio stesso parere su questa festa, lei ha solo contribuito al divertimento delle sue bambine mascherandole come loro desideravano.

Comunque più o meno in questo periodo anticamente c'erano festività che si caratterizzavano con la presenza di maschere più o meno macabre.
Tra gli antichi Romani alla'inizio dell'inverno c'era Pomana, la festività dedicata alla dea dei semi e dei frutti , e verso febbraio ce ne era un'altra, Parentalia, dedicata ai defunti.

Nella cultura celtica, (circa duemila anni fa) in cui il capodanno era il 1° novembre e coincideva con l'inizio dell'inverno, col 31 ottobre finiva quindi l'estate, stagione viva e piena di luce. Il tetro inverno agli antichi Celti ricordava moltissimo  la morte. A quella latitudine, costretti al buio per gran parte della giornata era quindi molto facile pensare al dominio degli spiriti sull'uomo e sulla natura, sui raccolti e sulla vita futura nel nuovo anno ed era a proposito Samhain, la festa di fine estate, che cadeva proprio il 31 ottobre.

 Con l'avvento del Cristianesimo nel nord Europa, Papa Gregorio III nel VIII secolo dette una veste cattolica alla festa pagana di Samhain mettendo la  festa di Ognissanti il 1° novembre invece del 13 maggio in precedenza osservata dalla Chiesa, e a perfezionare il tutto la fece seguire dalla Commemorazione dei Defunti. Si veniva a conciliare così una tradizione cristiana con la festa pagana di Samhain, addirittura per togliere ogni alone pagano e allo scopo di sradicarla dalla cultura popolare, la istituì come festa di precetto nell’840.
Halloween, però, ha origini più recenti, risalendo al XVI secolo circa. Il nome deriva dallo scozzese All-Hallows-Even (All Saint Evening), la notte che precede Ognissanti, è intuibile che con la scoperta dell'America abbia assunto la cittadinanza americana a tutti gli effetti.

In Italia ci sono molte feste popolari di inizio d'inverno legate al ricordo dei morti sempre di tradizione remotissima .
Is Animmeddas, Su mortu mortu, Su Peti Cocone, Su Prugadoriu o Is Panixeddas, in Sardegna è molto caratteristica.. 

Ad Orsara di Puglia, un paesino montano della provincia di Foggia, la notte tra l'1 ed il 2 di novembre si celebra l'antichissima notte del "fuc a cost" (fuoco fianco a fianco) con dei falò accesi sull'uscio di ogni casa per far luce ai cari defunti (o anime del purgatorio) ritornati dall'aldilà per visitare gli abitanti del paese.
Il fuoco serve anche a cucinare qualcosa da offrie ai vicini e ai passanti.
Il'1°, in piazza c'è anche la gara delle zucche decorate (le "cocce priatorje" - le teste del purgatorio) tradionale gara che risale alla notte dei tempi.


Scusate la qualità dei video, del secondo  mi sembra in tema solo la prima parte, ma questo passa il convento!

lunedì 30 settembre 2013

"Le quattro giornate di Napoli - La rivolta contro gli occupanti tedeschi. 28 settembre - 1° ottobre 1943"


Per me non è solo una ricorrenza storica. E' parte della mia storia personale vissuta indirettamente attravero i ricordi e i racconti della mia famiglia. Vita vera, impressa nella mia memoria in modo indelebile. La paura, la miseria, i traumi, lo squallore dei ricoveri e l'indigenza incui riversava una città dal secolare fulgore, punto di riferimento culturale ed esempio di creatività e valore, sono  annullati da una guerra scellerata. 
In questo documentario Rai da "La Storia siamo noi" c'è tutta la passione dei napoletani che hanno sentito i dovere umano di ribellarsi trovando la forza nella rabbia e nel senso di libertà insito nella dignità umana.
Il video e il commento sembrano lo sfondo per il mio post "Perchè la guerra " che ho già pubblicato e che ripropongo, la giovane donna è mia madre che ritrovo nei personaggi di questo impareggiabile documentario.

"Una città sotto assedio, bersaglio dichiarato di tutti gli eserciti, degli alleati come dei nazisti. Questa è Napoli nei suoi giorni più difficili, dopo l'armistizio dell'8 settembre '43. La città vive ore drammatiche in attesa di una liberazione che non sembra arrivare mai mentre si susseguono distruzioni su vasta scala, rastrellamenti e deportazioni di civili da parte tedesca.
E così, dal 28 settembre al 1° ottobre 1943, i napoletani decidono di impugnare le armi e di combattere strada per strada, vicolo per vicolo contro gli ex alleati divenuti a tutti gli effetti occupanti. Alla fine, in più di trecento pagheranno questa scelta con la vita.
La cronaca di quelle quattro tragiche giornate rivive, ora per ora, nel documentario di Aldo Zappalà  premiato con Targa d'argento al merito del Presidente della Repubblica. È un racconto che ci riporta tra le strade del capoluogo campano proprio nel momento in cui la sommossa spontanea si salda alle azioni isolate della resistenza clandestina, in una sollevazione popolare che coinvolge senza distinzioni operai, intellettuali, ufficiali e soldati allo sbando.
Ma il dramma di Napoli, in realtà, è cominciato pochi mesi dopo lo scoppio della guerra, quella guerra che secondo la propaganda di regime avrebbe dovuto concludersi in poche settimane. E invece, tra l'autunno del 1940 e la primavera del 1944, Napoli subirà più di cento bombardamenti, da parte dell'aviazione inglese, americana ma anche della Luftwaffe.
Il più grave, il 4 dicembre del 1942, causa tremila morti, ma resta nella memoria collettiva anche quello che provoca l'esplosione della nave militare Caterina Costa, i cui resti vengono rinvenuti persino al Vomero, nella parte collinare della città. 
All'indomani dell'armistizio del '43, dunque, molti napoletani hanno lasciato la città, ma altrettanti sono rimasti, decisi a darsi un'organizzazione e ad opporsi alle autorità tedesche che il 13 settembre li minacciano apertamente: 'ogni soldato germanico ferito o trucidato verrà rivendicato cento volte', recita un bando dellaWermacht.
Dal 27 settembre inizia una vera e propria caccia all'uomo, senza distinzione d'età: diciottomila persone sono fermate, portate via, arrestate. I nazisti procedono anche alla distruzione sistematica delle fabbriche e del porto. Poi, alla notizia dell'esecuzione spietata di un giovane marinaio coinvolto nella resistenza, esplode la rivolta. In breve l'intera città è in prima linea, si alzano le barricate in tutti i quartieri e per quattro giorni i napoletani tengono duro fino a costringere i tedeschi alla resa.
Poche ore dopo, con l'arrivo degli americani, ha inizio il lungo e faticoso cammino verso la normalità, tra cumuli di macerie, apocalittiche eruzioni del Vesuvio, mercato nero, prostituzione ed epidemie, come quella di tifo petecchiale, che le autorità americane sconfigerranno solo irrorando quintali di DDT su oltre seicentomila napoletani."

PERCHE’ LA GUERRA?



Non ce lo ha mai detto direttamente, ma noi lo sapevamo, sapevamo tutto di lei.

Quando parlava con le sue amiche noi eravamo sempre con lei, molto spesso stavamo lì per curiosità, o per “educazione”, cioè era la buona educazione che lo imponeva.
Era interessante conoscere le banalità quotidiane delle famiglie delle sue amiche. A quei tempi, noi non avevamo la televisione così gli spettacoli ce li facevamo da soli. Ci erano utili quei momenti, attingevamo da lì le battute per gli sketch del nostro cabaret privato.
Nei momenti in cui i loro discorsi si facevano più interessanti, o meglio, più importanti per noi, mia madre improvvisamente ricordava di aver dimenticato una commissione o un accidente qualsiasi e con urgenza venivamo allontanate per uscire e svolgere il suo compito.
Proprio quella mancanza di garbo ci insospettiva tanto: era tutto chiaro. Sapevamo bene, e già da molto tempo, che era giunto il momento per levarci di torno, ci alzavamo senza batter ciglio. Facevamo finta di uscire, sbattevamo le varie porte, ritornavamo indietro in punta di piedi e ascoltavamo
 in silenzio.
Erano quasi sempre le stesse storie piene di sospetti tradimenti, presunte tresche, insomma, quello che ora liberamente circola sui nostri rotocalchi e in certi talkshow televisivi.
Da loro ho sempre saputo dell'esistenza di "festini", "party a luci rosse" e relazioni omosessuali, tutto studiato poi 
a scuola nelle biografie di scrittori e poeti illustri  o letti nei romanzi d'autore messi all'indice.

Perciò noi sapevamo sempre tutto!
Non ho mai capito come riuscisse a mantenere la sua ferma autorevolezza di mamma e la sua amichevole complicità col suo gioioso modo di considerarci sue amiche.
Con noi forse, anche lei scopriva il mondo. 

Era molto ingenua, nelle conversazioni "proibite" che ascoltavamo la sentivamo ripetere, con voce sinceramente incredula:"Ma no !? non è possibile, sono esagerazioni o fantasie di gente poco seria e cattiva, non si può credere a certe volgari fantasie. No, non dobbiamo crederci!"

Lei era ancora una ragazzina, aveva avuto la sua prima figlia a diciotto anni, (a quei tempi ci si sposava quasi adolescenti) e si era anche in un periodo in cui si doveva credere che i bambini nascevano sotto il famoso "cavolo" e avere un amichetto, cioè amico maschio piccolo, non era del tutto "per bene".


Aveva seguito suo marito in una città molto diversa dal luogo in cui aveva vissuto. Ci era arrivata un anno prima che iniziasse la seconda guerra mondiale e Napoli con la sua gente così viva ed allegra l’aveva conquistata subito.
Non aveva mai smesso di amarla, aveva 
sempre ammirato quel luogo di estrema bellezza, quella Via Caracciolo frequentata dai grandi personaggi, artisti, poeti, scrittori che si incontravano e si fermavano con la gente comune. Spesso raccontava  del grande Benedetto Croce, quel signore anziano che veniva a sedersi sulla sua panchina e giocava con noi come un semplice nonno e con lei si soffermava sulle cosiderazioni sociali del momento.
Ammirava quella gente che sapeva soffrire la fame, gli stenti con serenità, e nella distruzione e nel caos era sempre piena di speranza e orgoglio per un passato ricco di cultura e arte.

 La guerra crudelmente stava sgretolando tutto sotto i loro occhi, ma non si erano mai arresi.
I bombardamenti continui sulla città non impedivano ai napoletani rinchiusi nei ricoveri sotterranei di continuare a vivere e a sognare.
Lì sotto c'era tutto il quartiere che continuava a vivere, anche senza vedere il sole o sentire la brezza del mare. Le sue attività consuete animavano quel luogo squallido e affollato. Nella promiscuità assoluta ognuno dimostrava una apparente noncuranza per ciò che accadeva fuori.
C’era chi cantava le sue composizioni chiedendo il parere dei presenti, chi intonava motivi famosi, chi recitava poesie, chi dava lezioni di musica o canto e qualcuno anche quelle delle materie scolastiche: era "o professor". Molti svolgevano normali attività manuali, le donne lavoravano a maglia confrontandosi o si scambiavano pareri e consigli tecnici. C'era anche chi spettegolava, chi litigava e chi dormiva. I bambini tranquillamente facevano la loro solita vita. 

Tutto questo ce lo raccontava sempre, forse sapeva che non lo avrebbe mai dimenticato.
Ma ciò che le accadde quel giorno non ha avuto mai la forza di dircelo, di dircelo guardandoci negli occhi...

.....sì quel giorno aveva fatto tardi. Si era avviata all'ultimo segnale dell'orribile sirena che avvertiva dell'arrivo degli aerei con le loro bombe che mettevano in forse le sorti delle abitazioni lasciate così..scappando via senza un attimo di esitazione.
E sì che aveva sentito alla radio il temutissimo "Maria che si prepari" di Radio Londra, sapeva che doveva affrettarsi, essere veloce come il vento perchè c'erano molte probabilità di non farcela. 

Con una neonata e un'altra bambina di tre anni era proprio difficile prevedere tutto e prepararsi  per essere pronti a scappare.
Quella volta non ce la fece. Aveva affidato la maggiore delle mie sorelle con tutto il necessario di sopravvivenza ai suoi amici, le davano sempre una mano e tanto coraggio, così lei era rimasta a sistemare l'altra piccola di pochissimi mesi.

Era scesa giù con la bimba abbracciata forte a lei sotto la sua pelliccia, ormai diventata la sua seconda pelle, la indossava per quelle dannate corse due o tre volte al giorno e la teneva su ore ed ore laggiù in quella strana bolgia,  fino all'annuncio dello scampato pericolo.
Aveva sentito il frastuono degli aerei che si avvicinavano col loro carico di morte ed avanzavano a volo radente sparando all'impazzata.

Si era buttata giù per terra, appiattendosi sotto il marciapiede di una strada principale di Napoli tenendo la sua bimba stretta stretta a lei, pregava aspettando Sorella Morte.
Guardando verso il cielo vide "l'alleato americano", un ragazzo anche lui, ubriaco fradicio che sghignazzava e urlava a squarciagola. L'aveva presa di mira e sparava contro di lei preso dalla furia della sua esaltazione, divertendosi in modo scellerato, senza fortunatamente colpirla.
Stette lì immobile finchè l'altro non ritenne opportuno smettere con lei forse per cambiare divertimento.

Quando fu finita quell'incursione si alzò incredula per ciò che aveva vissuto e ancora con l'immagine di quel ragazzo che giocava con la sua vita e quella di sua figlia divertendosi e sollazzandosi, si avviò nella devastazione totale che la circondava.

Raggiunse gli altri, riabbracciò finalmente la sua piccola che aveva temuto di non rivedere mai più e tra l'affetto e le coccole di quella "gente tutto cuore" riprese la vita di sempre. 

Forse mia madre non ha mai dimenticato, ma anche noi non abbiamo dimenticato, anzi per me la sua disavventura è stata la ragione del mio odio per la guerra.
Lei non ci aveva detto niente, non aveva coltivato l'odio per quel soldato sciagurato  perchè sapeva che così è la guerra!


LA PAROLA GUERRA MI FA INORRIDIRE. COLPISCE PROFONDAMENTE SOLO GLI INNOCENTI ED ESALTA I MALI DELLA TERRA.



giovedì 29 agosto 2013

... cosmetici indispensabili nella nostra vita!


... farsi belli sì, ma attenzione agli imbroglioni!



A me ha fatto una certa impressione perchè considero l'igiene personale un dovere civile, un segno di rispetto nei confronti di chi ci è vicino. 
Di certi prodotti non possiamo proprio farne a meno!

Qui lo stesso video in inglese per i miei amici stranieri "Story of Stuff, Full Version; How Things Work, About Stuff"


Inizia a cambiare le tue abitudini quotidiane:

http://www.biodizionario.it/
http://www.saicosatispalmi.org/
http://lola.forumup.it/
http://www.youtube.com/user/carlitadolce
http://ecolista.wordpress.com/2010/01...
http://informarexresistere.fr/5-compo...


lunedì 29 luglio 2013

"...: Omofobie strabiche" di Rossland, quasi un manifesto

Dice Ross: "Solo un processo di indagine su se stessi ha rilevanza per poter davvero comprendere che nulla vi è di sbagliato in nessun essere umano".

Ho letto il post "Omofobie strabiche" della mia amica Ross(land), tratta gli stessi punti che vado rimuginando da tempo, con le stesse riflessioni ma non con la sua puntuale e lucida analisi che solo lei sa fare con tanto garbo, competenza e sensibilità.  
Per me è come un manifesto che tutti dovrebbero leggere.
So che tra i miei amici blogger e tra quelli che passano in silenzio da qui, ci sono anche omosessuali, splendide e care persone e sento il dovere di divulgare quello che scrive Ross anche per loro. 
Se mi fosse possibile lo farei leggere a Dario il mio ex alunno silenzioso, inebetito ed istupidito che mi ha sorriso dopo 5 anni, quando cioè si è liberato dell'oppressione dei genitori, dei pregiudizi e delle amarezze conseguenti e ha conosciuto un mondo, meglio, è riuscito a vedere e percepire il calore umano di chi da cinque anni gli era intorno: il suo mondo fatto di realtà che nulla hanno a che fare con il sesso. Come dice lei del suo amico, le ragazze lo hanno abbracciato con la loro spontaneità e il calore di chi sa che friend e friendship sono validi per tutti i generi.
Se potessi raggiungere Stefano, un ragazzo del basso Salento, che trent'anni fa confessava di farsi uno spinello solo la domenica per tirarsi un po' su, come mi diceva sorridendomi, per sentirsi rincuorato, tra lo scherno delle ragazze e dei ragazzi, suoi compagni di classe che dietro le sue spalle a gesti mi facevano capire che non andava proprio considerato tanto era gay. 
Anche se forse troppo tardi, potrebbe avere la certezza che esistono persone come Ross che con la loro sensibilità sanno parlarne come la gente onesta vuole che se ne parli.
Grazie Grande Ross
Ecco il link 
...: Omofobie strabiche
ed ecco il post

sabato 27 luglio 2013


Omofobie strabiche

Il mio migliore amico era (è, ma non ci frequentiamo più), un omosessuale.
Con lui ho scambiato confidenze, dolori, lacrime, vacanze, montagne di libri, visto centinaia di films, scorazzato in giro per il mondo per inseguire un concerto o una mostra con quel piacere in più di avere per amico qualcuno con il quale condividi un'intera visione del mondo. 
Ma non il sesso.

Non è mai sceso in piazza, che io ricordi, per partecipare a un Gay Pride e mai (che ricordi), ha sentito la necessità di dover fare una battaglia civile per prendersi il diritto a convivere con la persona del suo stesso sesso che amava, né gli è mai passato per la testa di volersi con questa sposare. 
Abbiamo invece partecipato insieme a battaglie contro l'ostilità della burocrazia quando questa gli impediva di prendersi cura del suo compagno mentre questi era morente all'ospedale.
E prima ancora, insieme abbiamo partecipato alle battaglie civili per l'aborto, per il divorzio, per la depenalizzazione dell'uso delle droghe leggere, contro la fame nel mondo, per il diritto dei bambini nel mondo ad avere tutti un'educazione scolastica, contro tutte le mafie o per l'acqua pubblica, sulla quale è immorale concedere profitti (ma si concedono).
Tutte battaglie civili che non hanno un'identità sessuale, a ben vedere.

La sua amicizia mi ha insegnato meglio di qualunque codice penale che l'etichetta "omosessuale" ti può essere data a mo' di insulto per ragioni che nulla hanno a che fare con la sessualità e tutto con la miseria spirituale umana.
  
Trovo che vi sia sempre qualcosa di oscenamente pruriginoso, nelle persone che si occupano delle preferenze sessuali o delle camere da letto altrui.
C'era un motto, piuttosto in voga nei primi anni delle mie amicizie omosessuali, che dice forse più di quanto sembra:" Non sognarlo, fallo!".
Cui faceva seguito:" Veditela, 'sta cosa".
Come a dire che raramente è dato che un argomento tenga banco a lungo senza che chi lo tiene ossessivamente sul tavolo abbia un qualche personale conflitto non risolto sull'argomento di cui dibatte. 

Ora, momento in cui pare che il sesso omosessuale sia tornato a essere l'ossessione più comune fra gli eterosessuali con zero conoscenza non solo del mondo omosessuale, ma della loro propria sessualità, mi sentirei di rispolverare entrambi i motti: "Vedetevela, 'sta cosa", e "Non sognatelo, fatelo!".
Indagassero a fondo infatti, i liberi dibattitori del tema omofobia, anche con metà dello zelo con cui si infilano non invitati nei pertugi altrui, potrebbero scoprire di coltivare in se stessi più amoralità di quanta ne potrebbero mai scoprire nelle caste pratiche sessuali di qualunque omosessuale.
Ah, certo, come dimenticarsene?
La morale comune, la famiglia, il nucleo fondativo della società, etc.
Più Mulino Bianco per tutti, concordo.
Peccato non sia data una famiglia in cui non covino rabbie deliranti e spesso orrendamente esplosive: è un rosario quotidiano di mariti che ammazzano le mogli, padri che ammazzano i figli, figli che ammazzano i padri, zii che stuprano le/i nipoti, fratelli che si accordano per far fuori i propri vecchi e godersi l'eredità, fidanzati bravi ragazzi che respinti organizzano lo stupro di gruppo dell'amata istantaneamente declassata a...
Tutte brave sacre famiglie, dedite tutte fino al giorno prima a sbandierare moralità e natura per il verso giusto, ne sono ragionevolmente certa.

Se poi si arriva, per contro, a una legge che vieta anche il solo esprimere un pensiero o una critica sull'omosessualità, punendo l'esercizio di tal pensiero addirittura con il carcere per omofobia, mi pare che siamo alla ratifica per legge di un'ignoranza sessuale assai diffusa.

Non basta la legge ordinaria per punire la discriminazione sessuale o la violenza di qualunque natura, contro un qualunque essere umano, di qualunque sesso questo sia?

Che poi, mi somiglia allo sguardo di un guercio, questa legge: punisce chi esprime pensieri offensivi contro un singolo orientamento sessuale (ogni altra perversione esclusa eh?, purché sia fra due sessi diversi, ça va sans dir), ma tace invece sul reato di tortura, che a me parrebbe tema su cui legiferare ben più urgente e grave, viste le non sentenze per assenza di una tal legge al processo per la macelleria umana al G8 a Genova.
Così mi chiedo: ma qual è il vero problema di chi si perde in discussioni e manifestazioni pro o contro questa legge sull'omofobia?
Che fa il paio, sia chiaro, con la legge sul femminicidio.

Che sia proprio la legge allora, a non funzionare, se anziché applicare i dispositivi di legge esistenti ci diventa necessario legiferare in modo personalizzato se a essere malmenato o ucciso o offeso o perseguitato è una donna o un omosessuale o un bambino o un... 
O forse c'è che qualcosa non va in noi.
Forse non abbiamo proprio voglia di evolverci come umani, se ancora non riusciamo a convivere con le mille diverse interpretazioni dell'esistenza, che ogni essere umano rappresenta con il suo solo esistere, e reagiamo a ogni diversità e a ogni pensiero differente dal nostro con la stessa brutalità pavloviana dell'ominide del paleolitico che conosce ancora solo l'uso dei latrati bisillabici e della clava, che alza minaccioso contro ogni cosa a lui sconosciuta che si muova sotto il suo ristretto angolo di cielo.

giovedì 25 aprile 2013

25 aprile: "LA LIBERAZIONE"

... scusatemi, ma io non mi sento proprio libera!

... si era partiti così, e si aveva tanta speranza di riuscire ad essere finalmente liberi!



... ora abbiamo solo ricordi di nonni come questi, coraggiosi, pieni di amore e di speranza !
A me non bastano, non si può vivere di ricordi.
Ho bisogno di concretezze e positività!


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Ecco il testo, lo riporto per i miei amici stranieri, (anche se non mi fido troppo del traduttore di Google)

QUEL 25 APRILE
scritta da Stefano D'Orazio dei Pooh

Quel 25 aprile
la guerra era di casa
pioveva forte fuori dalla chiesa.
La fame era nell'aria,
la vita una scommessa
ma il prete continuava la sua messa.
Tu col vestito bianco,
tu con le scarpe nuove,
vi siete detti si,
davanti a quell'altare.
E insieme per la vita
vi siete incamminati
tra il tempo, le promesse e le speranze.
La guerra che finiva,
i balli americani,
l'Italia da rifare con le mani.
I 10 alla schedina
i figli all'improvviso
la casa troppo stretta
e io che crescevo troppo in fretta.
Ma dimmi come si fa
a stare come voi
insieme per la vita;
che a me, l'amore quando c'è
mi sembra sempre fuoco
e invece dura poco.
Sarà che anime di razza
è un po' che non ne fanno più.
Quel 25 aprile
ritorna tutti gli anni
e tutti gli anni vi ritrova insieme.
Avete visto il mare
e il secolo cambiare
il papa buono e l'uomo sulla luna.
C'è chi vi chiama nonni
e che c'ha già vent'anni,
è il tempo che trascorre ma non passa.
Tu col capelli bianchi,
tu con gli occhiali nuovi,
vi dite ancora si
davanti al piatto di ogni giorno.
Ma sarà fatalità,
fortuna o che ne so
ma siete ancora insieme.
E sembra amore nato ieri
e invece sono già
cinquanta primavere.
E noi con tutto da imparare
siam qui a improvvisare amore.
Quel 25 aprile
pioveva e gli invitati
dicevano "Che sposi fortunati".

martedì 12 marzo 2013

When a lovely flame dies, smoke gets in your eyes...

Quando una fiamma d'amore si spegne,
hai il fumo negli occhi...


Ascoltando questo classico, così, giusto per tirarmi su dopo tanto "fumo venefico" divulgato dai media, mi si è schiarita la vista, e mi sono data una lettura più oggettiva del testo di questo capolavoro sempre verde.
Ho visto un soggetto amore non umano in senso carnale, ma umano nelle ideologie in cui inevitabilmente ed anche contro la nostra volontà finiamo per credere.
Sapete, sto quasi peggio di prima!
Molto più ferita e delusa di quando ci si accorge  di un tradimento d'amore e non riusciamo a vedere un barlume di serenità.
Ma un conto è la sfera intima-affettiva e un'altra è quella sociale.
Provate anche voi a leggere  il testo in questa chiave, è una bella musica cantata da una vera stella, produrrà sempre qualcosa di buono.
Magari fate come ho fatto io. Parlatene con un amico, insieme metterete un po' di ordine nelle vostre idee e poi si aspetterà. 
Come dice il grande Eduardo De Filippo
 "Adda passà a nuttate"!


Smoke Gets In Your Eyes
(Music by Jerome Kern and Lyrics by Otto Harbach) 

They asked me how I knew
My true love was true
I of course replied
"Something here inside
Cannot be denied "

They said: "Some day you'll find
All who love are blind
When you heart's on fire
You must realize
Smoke gets in your eyes"

So I chaffed them, and I gaily laughed
To think they would doubt our love
And yet today, my love has gone away
I am without my love

Now laughing friends deride
Tears I cannot hide
So I smile and say:
"When a lovely flame dies
Smoke gets in your eyes"

Smoke gets in your eyes



Hai Fumo Negli Occhi


Mi hanno chiesto come sapessi
Che il mio vero amore fosse vero,
Naturalmente ho risposto
"Qualcosa qui dentro
non può essere negato".

Mi hanno detto: "Un giorno scoprirai
Che tutti quelliche amano sono  ciechi,
Che quando il tuo cuore brucia
Devi renderti conto
Che hai del fumo negli occhi".

Allora io li ho preso in giro
e ho sorriso felice
Al pensiero di come potessero
Mettere in dubbio il mio amore-
E ora che il mio amore è andato via
Sono senza amore

Ora gli amici ridendo contestano
Le mie lacrime che non so nascondere
Allora sorrido dicendo:
"Quando una fiamma d'amore si spegne
hai il fumo negli occhi".

Hai il  fumo negli occhi

sabato 2 marzo 2013

IL BUONO, IL BRUTTO E IL CATTIVO


O. T
Non ho nulla da aggiungere!
La penso come un anno fa! qui e qui


... e sì, il buono, il brutto e il cattivo, come li distinguiamo?
Normalmente è difficile distinguere queste tre personalità, fortunatamente ci aiuta il loro appeal che in un certo qual modo ci coinvolge e ci orienta.
In questi giorni, però, il frastuono dei media mi disorienta. Non mi fa cogliere nessun segnale, negativo, positivo o altro, che me li faccia distinguere.
L'appeal mi sembra inesistente.
Mi chiedo se non siano tutti buoni, tutti brutti o anche tutti cattivi.
Forse non lo saprò mai, ma intanto mi propongo, e vi propongo, questo superbo Morricone nella speranza che mi ispiri.



mercoledì 6 febbraio 2013

La Superstizione: Sostegno per Vincere la Paura?

Questa è una domanda che mi sono posta osservando gli atteggiamenti di chi, vincendo anche il naturale buon senso, dà libero sfogo a manifestazioni superstiziose con gesti scaramantici di ogni tipo. I segni di croce di calciatori che entrano in campo, o di attori dietro le quinte prima di entrare in scena, di studenti prima di sedersi per un esame, e tantissimi altri, per non parlare di altri gesti non proprio eleganti e civili, sono a dir poco molto imbarazzanti.
"Non è Vero ....ma ci credo" la commedia di Peppino de Filippo del 1942 ci dice molto su quanto sia difficile vivere da superstiziosi.
Ecco la sintesi fatta da Giulio Cobham
 "La superstizione del commendator Gervasio Savastano non conosce limite nè pazienza. Corna facendo e rifacendo, tutto sembra congiurare contro dfi lui e i suoi affari: i venerdì, i gatti neri, quello iettatore patentato del ragionier Malvurio annidato tra i suoi dipendenti. Savastano non sa più che fare, o forse sì: licenzia Malvurio e mette al suo posto Sammaria, uno che dalla sua ha... una gobba che promette ogni bene e fortuna. E infatti: basta solo guardarla ed ecco che affari e finanze ripartono a gonfie vele. Sammaria si rivela un vero toccasana per la vita di Savastano, ma potrà toccarne anche alla figlia? E se i futuri nipotini nascessero con la gobba? "



Qui la storiella Zen ci spiega meglio l'essenza della superstizione.



La superstizione è nata con l'uomo.
I riti propiziatori e le pratiche magiche erano note e molto diffuse nei tempi remoti e si perdono nella notte dei tempi.
In questo video si ricorda come la superstizione e la malvagità umana nei secoli abbia ignobilmente strumentalizzato il simpatico e affettuosissimo amico dell'uomo, il gatto nero .




Io lo considero così, un "Ange Gardien", un vero "Angelo Custode"
un caro e tenero amico a cui  ci affidiamo.
Guardate anche questo video, molto significativo riscatta il gatto nero in maniera eccellente, non è vero?






sabato 17 novembre 2012

IGNORANZA E/O ARROGANZA ?

SICURAMENTE MALEDUCAZIONE !
Solo effetti dannosi: 
-confusione del significato di un messaggio
- divulgazione di sciocche trasgressioni linguistiche che incoraggiano la superficialità e l'arroganza.
Non mi dite anche voi:
We don’t need no education.
We don’t need no thought control.
No dark sarcasm in the classroom.
Teacher, leave those kids alone.

Hey! Teachers! Leave them alone!



Tutte le volte che la nostra impreparazione si ritrova a dover fronteggiare nuovi eventi e gli inevitabili  mutamenti che fanno parte del progresso, banalmente diciamo "...e sì, i tempi cambiano". Questo lo accetto volentieri, ma solo quando si tratta di progresso scientifico perchè mi stimola a sapere meglio come funziona il nuovo modo di vedere la vita.
Ora che più che mai l'aggiornamento scientifico è proprio alla portata di tutti: con uno o due click e già ci sei, niente biblioteche aggiornatissime o riviste e pubblicazioni particolarmente specializzate.
Quello che non sopporto però è la facilità con cui si bistratta la lingua italiana che è il nostro patrimonio storico da amare e rispettare.
Divento furibonda quando sento chi con la forza e l'arroganza della presunzione di saperne un po' più degli altri si impone anche con il proprio linguaggio per dare informazioni o esprimere pensieri e opinioni su argomenti specifici e professionali.  
Sentirsi dire dal meteorologo e militare italiano, nel grado di tenente colonnello dell'Aeronautica Militare assegnato al Servizio RAI, che una particolare perturbazione sarà presente al nord della penisola piuttosto che al sud" a dir poco mi destabilizza. Mi sembra non solo autolesionismo, fare la parte del tecnico qualificatissimo che confonde chi lo ascolta e non riesce a far capire se è interessato al fenomeno il nord o il sud  mi sembra assurdo. 
Si dovrebbe ricordare a chi ha l'onere dell'informazione che nell'esprimere concetti tecnici esiste  un rigore linguistico assoluto da rispettare sempre. Nessuno può permettersi il lusso di essere chique a scapito della chiarezza e della semplicità se ha il compito di garantire la migliore divulgazione dei propri concetti derivanti dalla propria qualificata professionalità.
Questo è l'esempio che mi ha particolarmente colpita. Con grande rabbia ho capito che anche la gente comune ama il piuttosto che in un modo sviscerato e lo propina in continuazione.
Se poi lo sentiamo dire, sempre col significato di "e", "anche", o "oppure", nel linguaggio giuridico ed economico anche da personalità di rispetto abbiamo la dimensione del quadro reale della maleducazione linguistica.
Ultimamente ho notato che sta prendendo piede la confusione del significato di un'attività umana nata con l'uomo. Qualcuno in tv ha dimenticato la differenza tra sentire ed ascoltare, e questo mi ha  letteralmente fatto sentire aggredire dalla forza dell'ignoranza. Tutti abbiamo imparato, non solo dalla scuola ma dalla vita, che esiste una bella differenza tra sentire o udire (ci sentiamo anche quando dormiamo altrimenti non ci sveglieremmo al suono dell'odiata sveglia), ma ascoltiamo quello che vogliamo, cioè quando vogliamo farlo.
Cosa ci sarà prossimamente?...
...nell'attesa gustiamoci questa esilarante ed indimenticabile lettera di Totò e Peppino!