"rascel

«Io prendo manciate di parole e le lancio in aria; sembrano coriandoli, ma alla fine vanno a posto come le tessere di un mosaico».
(Renato Rascel)
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mercoledì 8 maggio 2013

I colori della primavera da me in campagna in Salento.

Il  primo impatto!





..ah ! ecco Kitty, la  padrona  del nostro giardino



ci ha sentiti ed è venuta a salutarci, come 

vuole il bon ton!



Ush, qualcosa ha attratto la sua attenzione,






mah, falso allarme,non era interessante





















Guardate un po'chi c'è.

Il Geco Giacomino, 
si deve essere appena svegliato e sta preparandosi per il pranzo.

Buon appetito, Geco Giacomino!








"ecco era qui la festa,

grazie"





...arrivederci!




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Immagini  private di Cle Reveries.
Tutti i diritti sono riservati

giovedì 18 aprile 2013

I "MIEI" GATTI

Un sosia di Pussy da google
...e sì, lo confesso anch'io amo i gatti!
Non tanto i domestici, ma i randagi.
Mi "hanno adottata", sono nostri ospiti durante le vacanze e vengono a farmi visita in campagna dove passo i mesi estivi, mentre loro sono padroni assoluti d'inverno.
Il primo ad iniziare la tradizione e ad entrare in confidenza con noi, fu Pussy.
Avevamo in comune una crisi d’abbandono da smaltire e questo favorì l'incontro.

Era una mattina di settembre, i miei ragazzi erano partiti il giorno precedente, le loro ferie erano finite, mi mancavano tanto e questo mi metteva un magone immenso.
Lui era arrivato mentre rientravo dopo aver chiuso il cancello, avevo accompagnato mio marito che faceva una capatina in città.
Piccolissimo, una palletta dorata, desideroso di una nuova famiglia. Era evidente, ci avevano giocato per tutta l’estate e poi lo avevano abbandonato.
Essendo allergica al pelo degli animali, avevo cercato di allontanarlo, ma lui niente, aveva deciso. Noi eravamo meritevoli della sua compagnia, non c'era nulla da discutere.
Lo avevamo nutrito e dato affetto per due anni. 
Pussy non ci lasciava un attimo, era gelosissimo e se venivano a farci visita altri gatti li aggrediva.
Ancora piccolo, si era trascinato dietro una gatta con i suoi micetti dietro. Ce li ritrovammo a primavera che giocavano in un angolino del back garden tra il fico e il corbezzolo che strategicamente li proteggevano dagli eventuali pericoli.
Dapprima timidi e paurosi, poi più fiduciosi e più giocherelloni.
Erano cinque micetti, la loro mamma e un'altra gatta che dava una mano ad accudire la famigliola. Pussy che già li conosceva, li aveva accettati e divideva con loro il suo territorio.
Poi un brutto giorno, per l'arrivo di strani "vicini", tipi che a modo loro amavano gli animali, è ritornato agonizzante, sbranato dal loro dobermann.

Lo abbiamo perduto, ma noi non siamo più rimasti soli.
Dei cinque micetti adesso ne è rimasta una, gli altri li abbiamo visti morire nel nostro giardino avvelenati e non sappiamo chi sia stato.
Ora è nostra ospite padrona la superstite del gruppo, la mamma di Douce e di Kitty e forse altri micetti che avrà "sfornato " chissà dove e che tra poco li vedremo con loro. 

Facendomi compagnia, sempre a debita distanza, insegnandomi cos'è il rispetto e l'amicizia, è come se mi ringraziassero donandomi la loro cortese e deliziosa presenza. 
Si fermano in giardino e ci osservano.
Molto spesso giocano tra loro rincorrendosi o improvvisando lotte e simpatiche azzuffate o semplicemente aspettano l’ora di pranzo.
Mi regalano le loro prede (immaginate un po’ cosa possano essere) forse per riconoscenza alle nostre coccole "alimentari" e alla nostra protezione o soltanto perchè ci vogliono bene.
D'inverno andiamo a trovarli e se non sono nel nostro giardino, dopo pochi minuti arrivano di corsa a salutarci e a svuotare il loro piatto pieno di cibo adatto a loro.
Miagolando tranquillamente sembrano intrattenerci finché non andiamo via, fiduciosi ci  seguono in tutto ciò che facciamo sempre a debita distanza, difendendo così la loro riservatezza di randagi che noi assecondiamo con affetto.



domenica 24 febbraio 2013

Chi se la ricorda?

... io la ricordo cantata da una carissima nonnina che da bambina piccolissima avevo adottata con reciproco amore e coccole, ma anche così come nel video dalla voce del grandissimo Paolo Poli,
... poi la ricordo cantata dalle vocette dei miei figli,
... aspetto di ascoltarla nella versione 2000 dalla vocetta della mia nipotina

Non è un esempio di Italian Evergreen?

mercoledì 6 febbraio 2013

La Superstizione: Sostegno per Vincere la Paura?

Questa è una domanda che mi sono posta osservando gli atteggiamenti di chi, vincendo anche il naturale buon senso, dà libero sfogo a manifestazioni superstiziose con gesti scaramantici di ogni tipo. I segni di croce di calciatori che entrano in campo, o di attori dietro le quinte prima di entrare in scena, di studenti prima di sedersi per un esame, e tantissimi altri, per non parlare di altri gesti non proprio eleganti e civili, sono a dir poco molto imbarazzanti.
"Non è Vero ....ma ci credo" la commedia di Peppino de Filippo del 1942 ci dice molto su quanto sia difficile vivere da superstiziosi.
Ecco la sintesi fatta da Giulio Cobham
 "La superstizione del commendator Gervasio Savastano non conosce limite nè pazienza. Corna facendo e rifacendo, tutto sembra congiurare contro dfi lui e i suoi affari: i venerdì, i gatti neri, quello iettatore patentato del ragionier Malvurio annidato tra i suoi dipendenti. Savastano non sa più che fare, o forse sì: licenzia Malvurio e mette al suo posto Sammaria, uno che dalla sua ha... una gobba che promette ogni bene e fortuna. E infatti: basta solo guardarla ed ecco che affari e finanze ripartono a gonfie vele. Sammaria si rivela un vero toccasana per la vita di Savastano, ma potrà toccarne anche alla figlia? E se i futuri nipotini nascessero con la gobba? "



Qui la storiella Zen ci spiega meglio l'essenza della superstizione.



La superstizione è nata con l'uomo.
I riti propiziatori e le pratiche magiche erano note e molto diffuse nei tempi remoti e si perdono nella notte dei tempi.
In questo video si ricorda come la superstizione e la malvagità umana nei secoli abbia ignobilmente strumentalizzato il simpatico e affettuosissimo amico dell'uomo, il gatto nero .




Io lo considero così, un "Ange Gardien", un vero "Angelo Custode"
un caro e tenero amico a cui  ci affidiamo.
Guardate anche questo video, molto significativo riscatta il gatto nero in maniera eccellente, non è vero?






lunedì 26 novembre 2012

LA COSA "PIU' STRAORDINARIA" DI QUESTA ESTATE (2012): CASSIOPEA

Un regalo tanto desiderato, sempre sognato,

 e ora....

Miracolosamente ricevuto!

Immagine dal web

Sono ancora così emotivamente scossa che non so come cominciare.
Ma tranquilli, è proprio una bellissima storia!
I protagonisti?
Ve li presento subito:
ZAZZA' e ACHILLE, e CASSIOPEA, così in ordine di anzianità
Chi sono?
Da più di 25 anni sono con noi, almeno nel nostro cuore, ma sono stati, e continuano ad esserlo sempre, i nostri pets .
Sono una famiglia di testudo hermanni ovvero tartarughe di terra.
Achille e Zazzà hanno visto crescere i miei figli, hanno fatto parte della loro vita dall'infanzia e li hanno accompagnati per tutta la loro adolescenza e anche oltre.
Erano il loro orgoglio ed anche l'ammirazione dei loro amichetti.
Sapevo che il mio secondogenito, a cui avevamo regalato Achille, un maschio di tredici anni quando lui ne aveva solo sette o otto, lo aveva portato a scuola su richiesta della sua straordinaria maestra. Era stato inconsapevole protagonista nella classe ed "usato" come sussidio didattico. Pare che successivamente la stessa avventura fosse toccata anche a Zazà. 
Non avevo mai capito quanto potessero essere stati importanti anche per quei ragazzini. Me ne resi conto quando ormai Zazzà ed Achille erano con noi già da una decina di anni. Uno  di loro me lo ero ritrovato come alunno al primo anno nelle superiori.
A scuola, in una lezione sulla famiglia anglosassone, avevo parlato dei "pets" come membri di tutto rispetto e considerati a tutti gli effetti parte del nucleo famigliare. Per dimostrare che aveva capito il concetto, un ragazzo, coetaneo di mio figlio, fece il nome di Achille. 
Sapevo che aveva frequentato la stessa classe del mio secondogenito nelle elementari ma mi aveva sorpreso il fatto che conoscesse come mai lo avevamochiamato Achille.
Achille è velocissimo, una cosa inaspettata per noi che abbiamo sentito dire sempre "lento come una tartaruga"! 
Al nostro primo incontro, non riuscivamo a stargli dietro e mio marito lo aveva fermato dicendogli: "Vieni qua; Piè Veloce, dove vuoi andare?", avendo una grande passione per la mitolagia greca, mio figlio cominciò a gridare rivolgendosi alla povera bestiolina un po' spaventata: "Tu sei Achille, allora!".
Sì anche adesso, come allora, è velocissimo e temerario. Qualche volta lo abbiamo anche perduto e poi ritrovato fortunatamente a qualche isolato dalla nostra casa, o qualcuno ce lo ha riportato.
Ci piacciono tantissimo gli animali, ma non vogliamo far loro violenza relegandoli in casa e in cattività costringendoli ad una vita egoisticamente a dimensione umana. Così, non ricordo se l'anno successivo o lo stesso anno, arrivò Zazzà, una signorina tartaruga sui 15-18 anni.
"Perchè proprio questo nome?" è stata la domanda ricorrente di tutti. Essendo molto schiva, anzi meglio, meno avventurosa del suo compagno, usava nascondersi ad ogni piccola sensazione di cambiamento esterno.
Appena arrivata a casa, il primo giorno, messa per terra in giardino, improvvisamente era scomparsa dalla nostra vista. Come faccio sempre per sdrammatizzare una situazione imbarazzante, cominciai a canticchiare "Addò sta Zazzà" (dove sta Zazzà). Così tutti, quando la ritrovammo lì vicino, dietro un vaso, allegramente gridarono: "Sì, lei è Zazzà"
La loro vita è stata sempre così tranquilla e monotonamente coinvolgente. Letargo invernale per Zazzà, semiletargo per Achille e risveglio in primavera con vita sociale, anzi coniugale, tranquilla e disinvolta. Scoprimmo con sorpresa ed emozione che ci aspettavano,  perchè appena sentivano la musica che immancabilmente ascoltavo di ritorno da scuola, si presentavano per darmi a loro modo il buon giorno. Aspettavano al sole, sotto il gradino della porta del giardino, per un saluto e un po' di frutta o verdura. E lo stesso rito si ripeteva con l'arrivo dei bambini di cui amavano le loro immancabili coccole, le loro risatine e le loro esclamazioni di gioia.
Abbiamo imparato tanto da loro, animali molto riservati ma molto decisi ed ostinati. Ci hanno insegnato a rispettare tutti gli animali con la conoscenza e la comprensione. Abbiamo capito bene che l'etologia non è una scienza che si studia sui libri, ma è la comprensione del pensiero del mondo animale e che ci insegna a non essere presuntuosi ed onniscienti padroni del mondo.
 Il loro comportamento e le relative reazioni verso il mondo esterno all'inizio ci hanno un po' disorientati. Per la nostra completa ignoranza delle loro regole di vita, pensavamo che Achille non sopportasse la presenza di Zazzà. La mordeva e la inseguiva, dal mio punto di vista una vera persecuzione, sembravano vere e proprie violenze che finivano con  fragorosi atti sessuali. Scusatemi ma da ignorante ed abituata a valutazioni umane per me era pura violenza, esagerato, vero? Ci ho messo un po' di tempo per capire che quello era il loro corteggiamento, ora so che l'amava come noi umani sappiamo amare.
Achille è stato un maschio molto esigente, Zazzà una madre che non ha forse mai conosciuto le sue creature. Con una puntualità sorprendente, verso la fine di giugno, deponeva tre o quattro uova. Non le interrava, non so perchè le deponesse lì, dove mettevamo il loro cibo, come se ce le donasse.
Per noi quello era un momento magico, ci elettrizzava letteralmente, ma ci metteva anche in un grande imbarazzo perchè non sapevamo cosa fare.
Ogni hanno sperimentavo quello che di volta in volta riuscivo a sapere consultando internet, enciclopedia e consigli di amici più fortunati, una mia collega ne aveva tante e diventavano sempre di più.
Così lo loro vita a due è continuata nella solita, monotona ma coinvolgente routine. Letargo invernale per Zazzà, semiletargo per Achille, risveglio,  piena attività così per tutti questi anni fino alla primavera scorsa.
Una mattina, al risveglio dal letargo, ho notato in Zazzà dei gonfiori ed una lentezza un po' sospetta. Il suo modo così poco reattivo era durato tutto il giorno, mi aveva proprio inquietata.
Il giorno successivo l'ho trovata morta.
E' ancora con noi, sepolta nel luogo dove preferiva stare, all'ombra di un vecchio limone e sotto le calle e le violette.
Achille ha sofferto tanto per la sua scomparsa, l'ha cercata disperatamente, "annusando" e seguendo tutti i percorsi fatti da lei solitamente, con commovente e sconsolata perseveranza.
Ho sofferto tanto e ne soffro ancora, é stata oggetto dei miei sogni, non erano sogni tristi. La vedevo sempre circondata da tante piccole tartarughine, e una in particolare piccolissima sembrava volesse offrirmela. Erano bellissime!
Tutto questo tormento psicologico è durato  fino a quando....
A questo punto non mi è facile continuare la storia, per me è ancora incredibile.
Dopo più di un mese dall'accaduto, una mattina, mio marito tutto emozionato con una voce e l'espressione di chi ha visto un miracolo, mi ha invitata ad uscire in giardino per vedere qualcosa che mi avrebbe fatta felice. Non so perchè ho pensato a quel piccolo esserino che Zazzà mi offriva nel sogno e gli ho detto meravigliandomi di ciò che dicevo: "C'è un'altra tartaruga, vero?".
non avevo finito di parlare  e mi accorsi che giù in giardino con Achille che mangiava c'era un'incredibile visione. Apparsa come regalo del paradiso delle tartarughe, Cassiopea era lì, un esserino, una miniatura di 3,7 centimetri di diametro dal peso di 16 grammi che ora è con me in casa in semiletargo!
Perchè l'ho chiamata Cassiopea così con l'accordo di tutta la famiglia, perchè è venuta dal  nulla come la saggia tartaruga parlante, amica di Momo dell'omonimo romanzo di M. Ende.




  Frammento video dol film MOMO tratto dall'omonima opera di M. Ende, belissima favola e splendido romanzo in cui co- coprotagonista è Cassiopea, una tartaruga che dialoga con una bambina, Momo, di cui si ignora del tutto il suo passato. Cassiopea le è sempre vicina le dà conforto e ottimi consigli. Splendida la colonna sonora di Branduardi: un incanto che emoziona tanto.



venerdì 17 febbraio 2012

COME HO VINTO UN TABU'


SEMPLICITÀ e RAZIONALITÀ 
qualità giuste che fanno amare la natura


  Eravamo negli anni ’50 in un pomeriggio caldissimo di un’estate senza ricordo di pioggia, in un grosso paese del Sud ad economia prettamente agricola.
  Tante case, tutte risalenti a un secolo prima: un pianterreno a volta altissima, un primo piano con balconi un po’ stretti e privi di vita con finestre sempre chiuse per non far penetrare il caldo insopportabile.
Avevano tutte una bella terrazza da cui si intravvedevano piante ornamentali e altri segni di vita, era lo spazio discreto per i giochi dei piccoli e, perché no, anche dei più grandi.
  Il primo pomeriggio, la “controra”, era un tormento per molti, perché chi non aveva nessuna intenzione di fare il riposino del dopo pranzo (vera tortura) aveva l’obbligo di restare sveglio, ma… mantenendo un silenzio di tomba.
Si poteva leggere, disegnare, scrivere, o sussurrare discorsi, raccontare favole inventate in cui prevalevano mostri, vampiri e tutto nel panorama dei noir che i più grandicelli avevano letto ed assimilato molto bene, oppure avventurarsi in storie o esplorazioni alla maniera di Tom Sawyer e Huckleberry Fin così tanto ammirati ed imitati.
Si giocava anche, col rischio però di essere rimproverati per aver interrotto il sonno di qualcuno dei grandi.

  In uno di quei pomeriggi, nel silenzio assoluto, ad un tratto sentimmo uno sbattere d’ali molto forte accompagnato da un urlo agghiacciante.
Era qualcosa di così raccapricciante che mia madre si era “fiondata” a vedere se stessimo bene. Ci trovò tutti in fila a ridosso del cornicione della terrazza, presi dal terrore tra la curiosità e la meraviglia. Eravamo immobili e fissavamo uno stranissimo e terrificante uccello che si era accomodato sul balcone di fronte e che alla luce del sole ancora forte che lo colpiva di fronte evidenziava tutti i sui magnifici colori. Non avevamo mai visto così da vicino e dal vivo un rapace, tanto meno un “mostro” simile che ci fissava in un modo eccessivamente minaccioso, almeno così ci sembrava visto la nostra “avventurosa” cultura.
La nostra bella ragazza, poco più di trent'anni, una Rita Hayworth versione italiana, aveva nello sguardo un terrore che mascherava con la sua autorevolezza di madre, senza però riuscirci del tutto, gridandoci di allontanarci spaventò solo il rapace che si allontanò desistendo.
Lasciando cadere strategicamente il tutto, ci disse solo che era una civetta e non aggiunse altro.
Semplicemente una civetta?!.
Una civetta come quelle che facevano annunci nefasti e tremendi nei nostri libri preferiti e che avevamo visto al cinema?
Sì, proprio quella.
Ma che ci faceva lì, appollaiata sul balcone di quel “vecchiaccio” che si lamentava sempre di noi perché non lo facevamo riposare nel pomeriggio?
Così tra una fantasia dell’orrore e l’altra, grazie a Dio, eravamo arrivati alla fine della “controra”!
In giro era ritornata la vita normale di sempre, almeno così poteva sembrare.
C’era però un certo movimento sulla porta della casa del “vecchiaccio” che non prometteva niente di buono, però.
La casa di fronte era abitata da due fratelli ed una sorella per noi molto vecchi, (poi sapemmo con certezza che il più grande avevo ottantaquattro anni). Era una famiglia molto ricca e “risparmiosa” dedita alla terra e che abitava da sempre nella casa ereditata dai genitori, ma era un po’ troppo trascurata.
Bene, ci accorgemmo all’improvviso che su quella porta di fronte, non su uno dei portoni dei locali adibiti a deposito di prodotti agricoli, ma sull’ingresso della casa c’era….
…c'era un manifesto di morto!
Sì, inequivocabilmente la civetta aveva annunciato prima del manifesto che la “buonanima” del “vecchiaccio” era passato a miglior vita!
  Per molti anni abbiamo pensato questo per la serie “non è vero ma ci credo”.

  Finché… nel raccontare ai miei figli questa storia, così come la racconto qui, alla fine i miei tre bambini, anzi il maggiore di poco meno di dieci anni, molto perplesso sul fatto di avere una mamma superstiziosa, mi disse testualmente: ”Ma stupida, se al pian terreno custodivano granaglie, sicuramente c’erano anche i topolini, no!, Quale posto migliore per appostarsi aveva la povera civetta se non un balcone deserto in mancanza di alberi?”
Suo fratello minore aggiunse: “Secondo te, eravate così importanti da informarvi subito della morte del vostro vicino? Lei pensava solo alla sua preda come tutti i rapaci, daaii!".

Ecco come ho vinto un tabù!
Ora non mi assale più il terrore per le civette e per tutti gli animali notturni, li amo e li rispetto e loro mi difendono e mi fanno compagnia.