"rascel

«Io prendo manciate di parole e le lancio in aria; sembrano coriandoli, ma alla fine vanno a posto come le tessere di un mosaico».
(Renato Rascel)

lunedì 26 novembre 2012

LA COSA "PIU' STRAORDINARIA" DI QUESTA ESTATE (2012): CASSIOPEA

Un regalo tanto desiderato, sempre sognato,

 e ora....

Miracolosamente ricevuto!

Immagine dal web

Sono ancora così emotivamente scossa che non so come cominciare.
Ma tranquilli, è proprio una bellissima storia!
I protagonisti?
Ve li presento subito:
ZAZZA' e ACHILLE, e CASSIOPEA, così in ordine di anzianità
Chi sono?
Da più di 25 anni sono con noi, almeno nel nostro cuore, ma sono stati, e continuano ad esserlo sempre, i nostri pets .
Sono una famiglia di testudo hermanni ovvero tartarughe di terra.
Achille e Zazzà hanno visto crescere i miei figli, hanno fatto parte della loro vita dall'infanzia e li hanno accompagnati per tutta la loro adolescenza e anche oltre.
Erano il loro orgoglio ed anche l'ammirazione dei loro amichetti.
Sapevo che il mio secondogenito, a cui avevamo regalato Achille, un maschio di tredici anni quando lui ne aveva solo sette o otto, lo aveva portato a scuola su richiesta della sua straordinaria maestra. Era stato inconsapevole protagonista nella classe ed "usato" come sussidio didattico. Pare che successivamente la stessa avventura fosse toccata anche a Zazà. 
Non avevo mai capito quanto potessero essere stati importanti anche per quei ragazzini. Me ne resi conto quando ormai Zazzà ed Achille erano con noi già da una decina di anni. Uno  di loro me lo ero ritrovato come alunno al primo anno nelle superiori.
A scuola, in una lezione sulla famiglia anglosassone, avevo parlato dei "pets" come membri di tutto rispetto e considerati a tutti gli effetti parte del nucleo famigliare. Per dimostrare che aveva capito il concetto, un ragazzo, coetaneo di mio figlio, fece il nome di Achille. 
Sapevo che aveva frequentato la stessa classe del mio secondogenito nelle elementari ma mi aveva sorpreso il fatto che conoscesse come mai lo avevamochiamato Achille.
Achille è velocissimo, una cosa inaspettata per noi che abbiamo sentito dire sempre "lento come una tartaruga"! 
Al nostro primo incontro, non riuscivamo a stargli dietro e mio marito lo aveva fermato dicendogli: "Vieni qua; Piè Veloce, dove vuoi andare?", avendo una grande passione per la mitolagia greca, mio figlio cominciò a gridare rivolgendosi alla povera bestiolina un po' spaventata: "Tu sei Achille, allora!".
Sì anche adesso, come allora, è velocissimo e temerario. Qualche volta lo abbiamo anche perduto e poi ritrovato fortunatamente a qualche isolato dalla nostra casa, o qualcuno ce lo ha riportato.
Ci piacciono tantissimo gli animali, ma non vogliamo far loro violenza relegandoli in casa e in cattività costringendoli ad una vita egoisticamente a dimensione umana. Così, non ricordo se l'anno successivo o lo stesso anno, arrivò Zazzà, una signorina tartaruga sui 15-18 anni.
"Perchè proprio questo nome?" è stata la domanda ricorrente di tutti. Essendo molto schiva, anzi meglio, meno avventurosa del suo compagno, usava nascondersi ad ogni piccola sensazione di cambiamento esterno.
Appena arrivata a casa, il primo giorno, messa per terra in giardino, improvvisamente era scomparsa dalla nostra vista. Come faccio sempre per sdrammatizzare una situazione imbarazzante, cominciai a canticchiare "Addò sta Zazzà" (dove sta Zazzà). Così tutti, quando la ritrovammo lì vicino, dietro un vaso, allegramente gridarono: "Sì, lei è Zazzà"
La loro vita è stata sempre così tranquilla e monotonamente coinvolgente. Letargo invernale per Zazzà, semiletargo per Achille e risveglio in primavera con vita sociale, anzi coniugale, tranquilla e disinvolta. Scoprimmo con sorpresa ed emozione che ci aspettavano,  perchè appena sentivano la musica che immancabilmente ascoltavo di ritorno da scuola, si presentavano per darmi a loro modo il buon giorno. Aspettavano al sole, sotto il gradino della porta del giardino, per un saluto e un po' di frutta o verdura. E lo stesso rito si ripeteva con l'arrivo dei bambini di cui amavano le loro immancabili coccole, le loro risatine e le loro esclamazioni di gioia.
Abbiamo imparato tanto da loro, animali molto riservati ma molto decisi ed ostinati. Ci hanno insegnato a rispettare tutti gli animali con la conoscenza e la comprensione. Abbiamo capito bene che l'etologia non è una scienza che si studia sui libri, ma è la comprensione del pensiero del mondo animale e che ci insegna a non essere presuntuosi ed onniscienti padroni del mondo.
 Il loro comportamento e le relative reazioni verso il mondo esterno all'inizio ci hanno un po' disorientati. Per la nostra completa ignoranza delle loro regole di vita, pensavamo che Achille non sopportasse la presenza di Zazzà. La mordeva e la inseguiva, dal mio punto di vista una vera persecuzione, sembravano vere e proprie violenze che finivano con  fragorosi atti sessuali. Scusatemi ma da ignorante ed abituata a valutazioni umane per me era pura violenza, esagerato, vero? Ci ho messo un po' di tempo per capire che quello era il loro corteggiamento, ora so che l'amava come noi umani sappiamo amare.
Achille è stato un maschio molto esigente, Zazzà una madre che non ha forse mai conosciuto le sue creature. Con una puntualità sorprendente, verso la fine di giugno, deponeva tre o quattro uova. Non le interrava, non so perchè le deponesse lì, dove mettevamo il loro cibo, come se ce le donasse.
Per noi quello era un momento magico, ci elettrizzava letteralmente, ma ci metteva anche in un grande imbarazzo perchè non sapevamo cosa fare.
Ogni hanno sperimentavo quello che di volta in volta riuscivo a sapere consultando internet, enciclopedia e consigli di amici più fortunati, una mia collega ne aveva tante e diventavano sempre di più.
Così lo loro vita a due è continuata nella solita, monotona ma coinvolgente routine. Letargo invernale per Zazzà, semiletargo per Achille, risveglio,  piena attività così per tutti questi anni fino alla primavera scorsa.
Una mattina, al risveglio dal letargo, ho notato in Zazzà dei gonfiori ed una lentezza un po' sospetta. Il suo modo così poco reattivo era durato tutto il giorno, mi aveva proprio inquietata.
Il giorno successivo l'ho trovata morta.
E' ancora con noi, sepolta nel luogo dove preferiva stare, all'ombra di un vecchio limone e sotto le calle e le violette.
Achille ha sofferto tanto per la sua scomparsa, l'ha cercata disperatamente, "annusando" e seguendo tutti i percorsi fatti da lei solitamente, con commovente e sconsolata perseveranza.
Ho sofferto tanto e ne soffro ancora, é stata oggetto dei miei sogni, non erano sogni tristi. La vedevo sempre circondata da tante piccole tartarughine, e una in particolare piccolissima sembrava volesse offrirmela. Erano bellissime!
Tutto questo tormento psicologico è durato  fino a quando....
A questo punto non mi è facile continuare la storia, per me è ancora incredibile.
Dopo più di un mese dall'accaduto, una mattina, mio marito tutto emozionato con una voce e l'espressione di chi ha visto un miracolo, mi ha invitata ad uscire in giardino per vedere qualcosa che mi avrebbe fatta felice. Non so perchè ho pensato a quel piccolo esserino che Zazzà mi offriva nel sogno e gli ho detto meravigliandomi di ciò che dicevo: "C'è un'altra tartaruga, vero?".
non avevo finito di parlare  e mi accorsi che giù in giardino con Achille che mangiava c'era un'incredibile visione. Apparsa come regalo del paradiso delle tartarughe, Cassiopea era lì, un esserino, una miniatura di 3,7 centimetri di diametro dal peso di 16 grammi che ora è con me in casa in semiletargo!
Perchè l'ho chiamata Cassiopea così con l'accordo di tutta la famiglia, perchè è venuta dal  nulla come la saggia tartaruga parlante, amica di Momo dell'omonimo romanzo di M. Ende.




  Frammento video dol film MOMO tratto dall'omonima opera di M. Ende, belissima favola e splendido romanzo in cui co- coprotagonista è Cassiopea, una tartaruga che dialoga con una bambina, Momo, di cui si ignora del tutto il suo passato. Cassiopea le è sempre vicina le dà conforto e ottimi consigli. Splendida la colonna sonora di Branduardi: un incanto che emoziona tanto.



sabato 17 novembre 2012

IGNORANZA E/O ARROGANZA ?

SICURAMENTE MALEDUCAZIONE !
Solo effetti dannosi: 
-confusione del significato di un messaggio
- divulgazione di sciocche trasgressioni linguistiche che incoraggiano la superficialità e l'arroganza.
Non mi dite anche voi:
We don’t need no education.
We don’t need no thought control.
No dark sarcasm in the classroom.
Teacher, leave those kids alone.

Hey! Teachers! Leave them alone!



Tutte le volte che la nostra impreparazione si ritrova a dover fronteggiare nuovi eventi e gli inevitabili  mutamenti che fanno parte del progresso, banalmente diciamo "...e sì, i tempi cambiano". Questo lo accetto volentieri, ma solo quando si tratta di progresso scientifico perchè mi stimola a sapere meglio come funziona il nuovo modo di vedere la vita.
Ora che più che mai l'aggiornamento scientifico è proprio alla portata di tutti: con uno o due click e già ci sei, niente biblioteche aggiornatissime o riviste e pubblicazioni particolarmente specializzate.
Quello che non sopporto però è la facilità con cui si bistratta la lingua italiana che è il nostro patrimonio storico da amare e rispettare.
Divento furibonda quando sento chi con la forza e l'arroganza della presunzione di saperne un po' più degli altri si impone anche con il proprio linguaggio per dare informazioni o esprimere pensieri e opinioni su argomenti specifici e professionali.  
Sentirsi dire dal meteorologo e militare italiano, nel grado di tenente colonnello dell'Aeronautica Militare assegnato al Servizio RAI, che una particolare perturbazione sarà presente al nord della penisola piuttosto che al sud" a dir poco mi destabilizza. Mi sembra non solo autolesionismo, fare la parte del tecnico qualificatissimo che confonde chi lo ascolta e non riesce a far capire se è interessato al fenomeno il nord o il sud  mi sembra assurdo. 
Si dovrebbe ricordare a chi ha l'onere dell'informazione che nell'esprimere concetti tecnici esiste  un rigore linguistico assoluto da rispettare sempre. Nessuno può permettersi il lusso di essere chique a scapito della chiarezza e della semplicità se ha il compito di garantire la migliore divulgazione dei propri concetti derivanti dalla propria qualificata professionalità.
Questo è l'esempio che mi ha particolarmente colpita. Con grande rabbia ho capito che anche la gente comune ama il piuttosto che in un modo sviscerato e lo propina in continuazione.
Se poi lo sentiamo dire, sempre col significato di "e", "anche", o "oppure", nel linguaggio giuridico ed economico anche da personalità di rispetto abbiamo la dimensione del quadro reale della maleducazione linguistica.
Ultimamente ho notato che sta prendendo piede la confusione del significato di un'attività umana nata con l'uomo. Qualcuno in tv ha dimenticato la differenza tra sentire ed ascoltare, e questo mi ha  letteralmente fatto sentire aggredire dalla forza dell'ignoranza. Tutti abbiamo imparato, non solo dalla scuola ma dalla vita, che esiste una bella differenza tra sentire o udire (ci sentiamo anche quando dormiamo altrimenti non ci sveglieremmo al suono dell'odiata sveglia), ma ascoltiamo quello che vogliamo, cioè quando vogliamo farlo.
Cosa ci sarà prossimamente?...
...nell'attesa gustiamoci questa esilarante ed indimenticabile lettera di Totò e Peppino!

martedì 6 novembre 2012

L'AMORE PERDUTO

"Tout passe, tout lasse, tout casse" 
Tutto passa, tutto stanca - sfinisce, tutto si frantuma....
e... rimangono le ferite.
Sì, è sempre così. Certamente finirebbe il mondo se non ci fosse la rassegnazione e la speranza: la vita deve continuare comunque!
Molti sono le storie d'amore narrate o meglio cantate che ci hanno lasciato i Grandi di tutti i tempi. La sensibilità umana ci fa riflettere su quanto i nostri sentimenti siano forti e determinati in noi, ma è consapevole  delle imponderabili variabili della vita che ci portano al cambiamento delle situazioni lasciando un amaro che mano a mano sfuma in ricordo quasi sempre nella speranza.
Forse queste "canzoni" di autori indimenticabili, come la prima è più vicina a noi, è del grandissimo ed indimenticabile Fabrizio De André. La sua consueta profondità sulle riflessioni degli umani sentimenti è facilmente visibile nei versi armoniosi. Trovo sia meglio leggerli attentamente prima di ascoltare la sua affascinante interpretazione.
Le altre sono belle per altri motivi che mi piacerebbe scopriste da soli, vi ho messo il testo e fatto la traduzione per quelle in vernacolo.Sono solo Italiane e qualcuna rappresenta il nostro folcrore.
Amore Che Vieni, Amore Che Vai
(di Fabrizio De André)
Quei giorni perduti a rincorrere il vento
a chiederci un bacio e volerne altri cento
un giorno qualunque li ricorderai
amore che fuggi da me tornerai
un giorno qualunque li ricorderai
amore che fuggi da me tornerai

e tu che con gli occhi di un altro colore
mi dici le stesse parole d'amore
fra un mese fra un anno scordate le avrai
amore che vieni da me fuggirai
fra un mese fra un anno scordate le avrai
amore che vieni da me fuggirai

venuto dal sole o da spiagge gelate
perduto in novembre o col vento d'estate
io t'ho amato sempre, non t'ho amato mai
amore che vieni, amore che vai
io t'ho amato sempre, non t'ho amato mai
amore che vieni, amore che vai...

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Questa che segue, Fenesta Ca Lucive, è una storia molto triste conosciuta in tutto il mondo, la musica è più struggente delle parole. E' stata presente in tutti i testi di musica e canto per le scuole italiane fino a poco tempo fa. Qui il protagonista non trova altra via per rassegnarsi alla perdita della sua amata se non quella di farle visita al cimitero.
Fenesta Ca Lucive
(di anonimo napoletano)
Finestra che brillavi (trad. Cle Reveries)
Fenesta ca lucive e mo nun luce,
Finestra che brillavi ed oro non brilli
sign'è ca Nénna mia stace malata.

è segno che la mia "Bambina" (Nenna) mia sta malata.
S'affaccia la surella e mme lu dice:

Si affaccia sua sorella e melo dice
"Nennélla toja è morta e s'è atterrata".

"La tua Nennella è morta e l'hanno sotterrata
Chiagneva sempe ca durmeva sola,
piangeva sempre perchè dormiva sempre da sola
mo dorme co' li muorte accompagnata.

adesso dorme accompagnata dai morti.
Mo dorme co' li muorte accompagnata!
Adesso dorme accompagnata dai morti.
Addio fenesta, rèstate 'nzerrata,
Addio finestra rimani chiusa
ca Nénna mia mo nun se pò affacciare.
perchè la mia Nenna non si può più affacciare

Io cchiù nun passarraggio da' 'sta strata,
Io non passerò più da questa strada 

vaco a lo camposanto a passíare.
Vado al cimitero a passeggiare
Zi' parrocchiano mio, tiene 'nce cura,
Oh mio caro custode, abbine cura 

na lampa sempe tienece allummata.
Tieni sempre accesa una lampada
Na lampa sempe tienece allummata!
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Lu Rusciu Te Lu Mare
Anche questa è una conzone popolare molto antica, da poco riscoperta e cantata dai gruppi di recente formazione nella "Notte della Taranta". Parla di un amore impossibile tra un soldato ed una principessa promessa sposa di un altro nobile spagnol
LU RUSCIU TE LU MARE
(di Anonimo Salentino)
Il Mormorio del Mare (trad. Cle Reveries)
Na sera jeu passai pe le padule
Una sera passai per le paludi
E ntisi le ranocchiule cantare,
Esentii le ranocchie cantare
E ntisi le ranocchiule cantare.

Commu cantanu belle a una a una,

Come erano belle mentre cantavano a una a una
Pariane lu rusciu te lu mare,
Sembravano il mormorio del mare.
Pariane lu rusciu te lu mare.

Lu rusciu te lu mare è troppu forte,

Il mormorio del mare è troppo forte
La fija te lu re se dia la morte.
La figlia del re si dà la morte
La fija te lu re se dia la morte.

Iddha se dia la morte e jeu la vita,

Lei si dà la morte e io la vita
La fija te lu re sta se marita,
La figlia del re si sta maritando
La fija te lu re sta se marita,

Iddha sta se marita e jeu me ‘nzuru,

Lei si sta maritando e io mi sposo 
La fija te lu re me tae lu fiuru,
La figlia del re mi dà il fiore
La fija te lu re me tae lu fiuru,

Ca jeu lu core meu, Ca jeu lu core meu,

'Chè io il cuore mio, 'chè io il cuore mio
Ca jeu lu core meu, Ca jeu lu core meu,
'Chè io il cuore mio, 'chè io il cuore mio
Ca jeu lu core meu te l’aggiu dare.
'Chè io il cuore mio te lo devo dare

Iddha me tae lu fiuru e jeu la palma.

Lei mi dà il fiore ed io la palma
La fija te lu re se vae a la Spagna.
La figlia del re se ne va in spagna
La fija te lu re se vae a la Spagna

Ca jeu lu core meu, Ca jeu lu core meu,

'Chè io il cuore mio, 'chè io il cuore mio
etc.

Iddha se vae a la Spagna e jeu Nturchia,

Lei se ne va in Spagna ed io in Turchia
La fija te lu re è la zita mia,
La figlia del re è la mia ragazza
La fija te lu re è la zita mia.

Ca jeu lu core meu, Ca jeu lu core meu,

Ca jeu lu core meu te l’aggiu dare.

E vola vola vola, palomba,vola

E vola vola vola, palomba,vola….
E vola vola vola, palomba,vola
E vola vola vola, palomba,vola….

Ca jeu lu core meu, Ca jeu lu core meu,

Ca jeu lu core meu te l’aggiu dare.
Ca jeu lu core meu, Ca jeu lu core meu,
Ca jeu lu core meu te l’aggiu dare.

E vola vola vola, palomba,vola

E vola vola vola, palomba,vola….
E vola vola vola, palomba,vola
che_luci

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Questa è una chicca del Quartetto Cetra, un vanto per la nostra storia della musica. L'interpretazione è eccezionale, la narrazione è stupenda e la briosità della  musica, rendono più leggera e romantica la triste storia.
Conosciutissima e cantata da tutti negli anni '50, dopo essere presentata ad un famosissimo Festival di San Remo ebbe un successo strepitoso.
Senz'altro è una storia delicata, e molto, molto romantica.
Aveva Un Bavero
(1957, M.Panzeri - V.Ripa, Ed. Tevere)
Nelle sere fredde e scure
presso il fuoco del camino,
quante storie, quante fiabe
raccontava il mio nonnino.

La più bella ch'io ricordo

è la storia di un amore,
di un amore appassionato
che felice non finì.

Ed il cuore di un poeta

a tal punto intenerì
che la storia di quei tempi
mise in musica così:

Aveva un bavero color zafferano

e la marsina color ciclamino,
veniva a piedi da Lodi a Milano
per incontrare la bella Gigogin.

Passeggiando per la via

le cantava "Mio dolce amor,
Gigogin speranza mia
coi tuoi baci mi rubi il cuo"r.
(Parlato)
E la storia continua:
Lui fu mandato soldatino in Piemonte
ed ogni mattina le inviava un fiore
sull'acqua di una roggia
che passava per Milano.
Finchè un giorno:

Lui, saputo che il ritorno

finalmente era vicino,
sopra l'acqua un fior d'arancio
deponeva un bel mattino.

Lei, vedendo e indovinando

la ragione di quel fiore,
per raccoglierlo si spinse
tanto tanto che cascò.

Sopra l'acqua, con quel fiore,

verso il mare se ne andò,
e anche lui, per il dolore,
dal Piemonte non tornò.

Aveva un bavero color zafferano

e la marsina color ciclamino,
veniva a piedi da Lodi a Milano
per incontrare la bella Gigogin.

Lei lo attese nella via

fra le stelle stringendo un fior
e in un sogno di poesia
si trovarono uniti ancor.

(Parlato)

Stretta la foglia larga la via
dite la vostra
che noi abbiamo detto:
Un bavero color zafferamo.
La storia di un amor!

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La povera Cecilia è un canto patriottico dell'unità dìItalia, è cantata molto spesso nei cori alpini.
Anche qui un amore finito, uno strano amore in una vicenda un po' torbida che finisce in tragedia.
LA POVERA CECILIA
La povera Cecilia piange il suo marì,gliel’hanno imprigionato per farglielo morir.
“Oh signor capitano la grazia fate a me!
“La grazia te la faccio, vieni a dormir con me!”
Allora la Cecilia corre alla prigion:
“Marito sei contento s’io vo a dormir con lui?”
“Vai, vai pure Cecilia non star pensar l’onor,
salva la vita mia, levami di prigion.”
A mezzanotte in punto, Cecilia dà un sospir:
“Cosa hai tu Cecilia da non poter dormir?”
“Ho fatto un brutto sogno, ch’è morto mio marì,
se il mio marito è morto, anch’io voglio morir.”
“Dormi, dormi Cecilia, dormi senza un sospir,
che domattina buon’ora il tuo marito è qui.”
Alla mattin buon’ora Cecilia va al balcon,
vede il suo marito col collo a penzolon.
“Addio belli palazzi, addio belle città,
addio visin dorato e chi ti bacerà.”
Laggiù al camposanto fioriscono rose e fior,
è il fior della Cecilia ch’è morta per amor.
La povera Cecilia